domenica 24 agosto 2014

Giappone 2013: Kyoto (quindicesimo giorno)

Il tempio Kinkaku-ji o Padiglione d'oro

Venerdì 12 aprile: Kyoto

C'era una cosa che ancora mi mancava del Giappone, la possibilità di fare un giro in bici utilizzandola come mezzo di trasporto. Quel giorno Diego non mi avrebbe seguito, lui preferiva prendere i mezzi pubblici per visitare i molti templi sparsi in ogni angolo della città, egli considerava la mia scelta solo una sfacchinata senza senso. 
Così una volta separati mi sono diretto in un posto dove si noleggiavano le bici. Il noleggio di una bicicletta in Giappone di per sé non comporta troppi pensieri perché la scarsa propensione ai furti permette di chiudere la bici con un semplicissimo catenaccio istallato della bici vicino ai freni posteriori. Il catenaccio blocca solo la ruota e ciò dà una grande libertà nell'utilizzo e nessuna ansia sul fatto di abbandonare il mezzo per strada. Questo stesso sistema l'ho visto a Copenhagen dove il grado di civiltà è senza dubbio non paragonabile a quello italiano, ove avrebbero rubato la bici semplicemente sollevandola...
Nei giardini del palazzo imperiale

Andare in giro per Kyoto in bicicletta assumeva una valenza particolare, essendo la città del famoso protocollo, simbolo di una rinnovata sensibilità verso l'ecologia e l'ambiente. Ma a dire il vero di questa sensibilità a Kyoto non c'era grande traccia. Le piste ciclabili in città non erano molte e neanche il numero di ciclisti era sufficiente a giustificare la rinomanza che Kyoto ha ricoperto per anni su questo aspetto. Per cercare di ottimizzare il tempo ho immaginato un mio percorso di monumenti da vedere in successione. Dapprima mi sono diretto verso il palazzo imperiale di Kyoto, che come quello di Tokyo non consentiva una visita all'interno e per questo non se ne poteva apprezzare l'indubbia magnificenza. L'unica cosa che ho potuto fare è stata una breve passeggiata nei giardini dove ho notato un gruppo di giapponesi intenti a sondare il terreno ghiaioso alla ricerca di qualcosa. Non so dire esattamente cosa stessero facendo, ma la cosa mi ha colpito. La ricerca poteva essere una minuziosa pulizia del terreno da cicche e pezzi di carta, oppure una selezione di sassolini per ragioni a me sconosciute. Fatto stà che la prima impressione è stata quella di associare la cosa ad uno dei tanti comportamenti meticolosi dei giapponesi.
Scorcio da dietro del padiglione d'oro

Il primo tempio che ho visitato è stato il Kinkaku-ji o Padiglione d'oro. La meraviglia e lo stupore provato giungendo sul posto è stata enorme. L'immagine stessa di questo tempio sulla superficie piatta di un laghetto con lo sfondo della vegetazione era quanto di più pittoresco fosse immaginabile. L'estrema bellezza non risiedeva nell'edificio in sé quanto nell'armonia prodotta con l'ambiente. Tutto intorno, manco a dirlo, vi era un'immenso giardino giapponese commovente. L'altro tempio era il Ginkaku-ji o padiglione d'argento. In questo caso l'edificio non era suggestivo (e famoso) come il primo. Ciò che dava valore aggiunto era l'immenso giardino giapponese composto in alcune parti di sabbia, dei veri cumuli di sabbia chiara modellati come in un tipico tempio Zen. Ma non solo, c'era anche la restante parte del giardino riempito da un tappeto di muschio verde, a tratti anche dalle foglie cadute dagli alberi di ciliegio che punteggiavano di bianco quello splendido manto. Mentre visitavo quel luogo c'erano diversi giardinieri intenti alla manutenzione. Il loro incessante lavoro mi faceva rendere conto del fatto che tanta bellezza richiede anche un grande sforzo nella cura. Non c'erano solo gli alberi da potare, le piante in eccesso da estirpare. Ma per alcuni rami si adottava la tecnica dei bonsai di forzare la posizione dei rami onde assumere una forma più armoniosa. In più, cosa per me sconvolgente, c'era persino una persona addetta alla rimozione dei petali di ciliegio sul manto erboso con la scopa!
Cumuli di sabbia (giardino zen) del padiglione d'argento.
Si noti che la foto non è distorta prospetticamente.
Un giardiniere "spazzino" di petali di fiore di ciliegio

L'altro tempio era il Ryōan-ji, altro tempio Zen. Ciò che rende universale questo luogo è la presenza del più famoso giardino zen al mondo. Il tempo così come il giardino furono costruiti nel XV secolo, ma il giardino in particolare venne creato da un monaco Zen Tokuho Zenketsu. Ciò che tutti i turisti provano a fare quando sono davanti al giardino è di sedersi al bordo del tempo, ammirare il giardino e contare le pietre scure. Nel giardino infatti ci sono 15 pietre ma da ogni punto si osservi il giardino se ne conta una in meno. La meraviglia di questo giardino non risiede certamente in questo “gioco” ma nell'armonia che si crea con l'ambiente e se stessi. Quelle pietre posseggono indubbiamente il potere di favorire la concentrazione e quindi avrà per secoli aiutato i monaci a meditare. In questi luoghi ci si accorge ancora una volta di come i giapponesi stiano molto attenti ai dettagli, perché la bellezza non è insita solo nell'interezza ma sopratutto nei dettagli, dettagli che la disposizione delle pietre e la cura maniacale dell'intera struttura riuscivano a evocare perfettamente.
Al termine di quella visita mi accorsi che avrei voluto vedere un altro tempio, ma per mio errore di organizzazione esso si trovava dall'altro lato della città. La bici che dapprima mi sembrava un mezzo rapido per spostarmi adesso mostrava i propri limiti. Non solo perché la città possiede diverse pendenze, ma sopratutto perché le distanze non erano indifferenti! Quando sono giunto nei pressi dell'altro tempio ormai era tardi e si era fatto l'orario di chiusura. Così ho cercato di individuare il bosco di canne alla periferia della città senza tuttavia riuscire a trovarlo, poi proseguendo ho passeggiato in riva al fiume optando a questo punto per un rientro in hotel. In effetti la giornata per me era stata bella, avevo visto Kyoto da un'altra prospettiva, ero anche andato in periferia verso le campagne dove i contadini si fermavano dal loro lavoro vedendomi con la bici: forse si chiedevano: “Chi è questo turista che arriva sino a qui?”
Giardino zen del Ryōan-ji
Prospettiva del giardino

Ci sono due cose che devo aggiungere di Kyoto, la prima è che mi immaginavo una città diversa da come l'ho trovata. Eccetto i templi, speravo di trovare una città antica, delle case d'epoca. Invece quasi nulla è rimasto se non qualche squallida imitazione in legno. Eccetto pochi angoli poco resta di quell'immagine esotica che ci si prefigura. Da aggiungere poi che un eccesso di turisti ne stritola il piacere della visita.
In Giappone, così come a Kyoto molti negozi adottano lingue straniere per nominare la loro attività. Oltre all'inglese è molto usato il francese, e persino l'italiano. A volte negli immancabili ristoranti, altre volte per accennare a prodotti della moda.
Periferia di Kyoto

Con Diego ci siamo rivisti verso le 18, lui vantava il fatto di aver visto molti più posti di me usando i mezzi pubblici. Io invece mantenevo la soddisfazione di aver fatto tutti quei chilometri in bicicletta. Per rubare un po' di tempo siamo entrati in un centro commerciale al centro di Kyoto, la mia era una mera curiosità nel vedere ciò che si vendeva. Sono rimasto stupito per il fatto che ogni piano dove avveniva la vendita di un certo tipo di categoria merceologica era immenso. All'ultimo piano però c'era una sorpresa, si vendevano i kimono! C'era tutto l'occorrente, ventagli, fiocchi e ciabatte, i cui prezzi erano davvero alti, non solo al nostro cambio ma anche per gli stessi giapponesi. Stiamo comunque parlando di abiti di una fattura notevole, meravigliosi per decorazione e bellezza. Avrei fatto delle foto se non ci fossimo trovati in un centro commerciale, dove quel gesto mi sembrava inopportuno. C'erano anche prodotti tipicamente giapponesi, come porta sushi, teiere e ciotoline che il nostro cibo ovviamente non contiene e che non avrei potuto portare neanche come souvenir.
Sul tardi, abbiamo incontrato il resto del gruppo tra cui Thomas. Mantenendoci presso le strade del centro siamo entrati in un ristorante molto accogliente dove le cameriere mostravano una notevole gentilezza. Domande sull'Italia e sorrisi, certamente facevano parte del copione del mestiere, ma come tutti i giapponesi ci mettevano un impegno e una volontà a noi sconosciuta, anche per la qualità di ciò che alla fine abbiamo assaggiato. Quando siamo andati via, una delle ragazze ci ha accompagnati sino alla soglia del locale salutandoci fino a quando non eravamo distanti dal locale. Questa gentilezza per noi esagerata, in fondo è il rispetto e l'educazione che i giapponesi hanno nei confronti dei clienti, una caratteristica culturale che fin troppo spesso in Italia dimentichiamo anche con gesti ben più semplici.


Neanche il tempo di uscire dal locale che ci siamo imbattuti in una cosa sbalorditiva. Un parcheggio multipiano automatizzato! L'auto veniva prelevata da terra, sollevata e portata in corrispondenza della casella libera dove poi verrà inserita automaticamente. Ho girato un video che mostra gli istanti di quel frangente tanto curioso...

Quando l'intero gruppo è andato via io e Diego ci siamo fermati a sorseggiare un bicchiere di sake in un locale, non turistico. L'atmosfera era del tutto informale e il proprietario un tipo davvero strano.

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