venerdì 8 agosto 2014

Giappone 2013: da Nara a Nagoya (settimo giorno)

Un laghetto a Nara
Giovedì 5 aprile 2013

In fondo ce la siamo presa un po’ comoda quella mattina, siamo usciti dall’ostello verso le 10 con l’intento di fare colazione e un certo giro per Nara senza troppe pretese. Nel primo pomeriggio avremmo dovuto prendere il treno che ci avrebbe portati a Nagoya dove ci saremmo riuniti con tutto il resto del gruppo: Thomas ed Eric. Tuttavia essendo Nara non troppo grande è stato possibile girare delle parti che non avevamo visto. La giornata tra l’altro era piuttosto calda e soleggiata e anche la qualità delle foto finalmente mi consentiva di ottenere immagini migliori. Oltre a svariati templi siamo riusciti a trovare anche un laghetto molto caratteristico all’interno di un parco dove una coppia eseguiva un servizio fotografico in kimono. La bellezza degli abiti uniti all’effetto dell’hanami hanno reso le foto molto pittoresche.
Paesaggio pittoresco a Nara
Donna in kimono
Verso le tre del pomeriggio abbiamo recuperato le valigie all’ostello e siamo andati alla stazione per giungere sino a Nagoya. In quella occasione ho notato lo stile austero di un anziano conducente del treno molto attento al suo lavoro, rigorosamente in guanti bianchi. Ho già raccontato questo aspetto. Ciò che finora non ho detto è che nelle stazioni o in tutte le circostanze dove i giapponesi devono fare la fila dimostrano d’essere maledettamente ordinati. Nelle stazioni dello Shinkanzen, ad esempio, per terra sono segnate le posizioni dove la gente deve mettersi onde favorire il deflusso di chi esce dal treno. Su questo i giapponesi rispettano la fila e sono molto ordinati, chi non è mai ordinato, neanche a dirlo sono gli europei, subito riconoscibili in mezzo alla folla… La ragione applicata all’educazione rende tutto molto funzionale. L’esperienza che invece viviamo in Italia è sconfortante: una ressa per uscire dal treno e per accaparrarsi i posti, urla e chiamazzi a contrasto con la calma e la tranquillità giapponese.

Un conducente del treno


Nagoya
Nagoya è una importante città del Giappone centrale, a metà strada tra Tokyo e Osaka. È abitata da due milioni di abitanti ed è un importante tappa per i turisti diretti nelle varie località del Giappone. Infine è la città dove ha sede la Toyota. Noi eravamo lì perché la sposa era proprio di quella città e dunque avremmo dovuto spendere del tempo incontrando successivamente tutti gli invitati.
Per quella sera Thomas aveva prenotato una notte in un ryokan, ossia un albergo dove le stanze sono in stile tradizionale. Per quanto fossi molto curioso di quella scelta nutrivo alcuni dubbi, perché avrei preferito un ryokan in una località tradizionale, non in una grande città dove il valore e la qualità dell’esperienza sarebbe stata molto diversa. Il ryokan infatti si trovava non troppo distante dalla stazione centrale, quindi era ben chiaro che la struttura era stata adattata affinché apparisse quanto più tradizionale possibile. Ad ogni modo l’esperienza per chi non ha mai messo piede in un ryokan è certamente unica.


L'estetica di una cena giapponese
Il ryokan
In un ryokan si entra lasciando le scarpe all’ingresso, sostituendole con delle ciabatte. Alla reception la commessa è in kimono e la stanza dove avremmo dormito era ovviamente col tatami, il pavimento in tessuto tipico delle case tradizionali giapponesi. La nostra stanza era molto grande, dato che accoglieva noi quattro. Al centro c’era un tavolo basso dove si poteva sorseggiare un te inginocchiati.
Dopo esserci messi in deshabillé abbiamo indossato una sorta di kimono, in realtà un pigiama che quasi tutti gli hotel forniscono ai clienti. Con esso siamo scesi nel bagno per il rituale del bagno giapponese. Anche in questo caso si entra all’interno di un’esperienza che fa parte di ciò che avevo visto solo in TV o persino nei cartoni animati giapponesi. Nella stanza ci si denuda, ci si siede davanti degli sgabellini bassi e ci si lava aiutati da una ciotola con cui ci si versa dell’acqua calda. La pulizia del corpo deve essere minuziosa per rispetto di se stessi e degli altri. Così si entra in una vasca con acqua bollente. La vasca di quell’albergo era in mattoni, mentre nelle strutture tradizionali, i cosiddetti onsen, la vasca è ricavata dalle acque termali e il bagno può avvenire sia all’interno di una struttura o all’aperto. È indubbiamente molto strano immergersi nudi nella stessa vasca con i tuoi amici, è un rito sociale inusuale per noi, tuttavia risulta essere molto rilassante per il corpo. L’alta temperatura dell’acqua rilassa i muscoli ma dopo poco tempo ti procura anche un gran senso di spossatezza. Per questa ragione la mia resistenza è stata di una decina di minuti oltre i quali ho sentito l’esigenza di uscire.
In pieno relax dopo mezz’ora circa siamo andati nella stanza dove ci avrebbero servito la cena. Anche in questo caso l’esperienza del tipico pasto giapponese è assai piacevole. Pur essendo in un ryokan non eravamo inginocchiati ma su un normale tavolo, anche se la stanza aveva un aspetto tradizionale. La cena a dire il vero pur essendo ricca di pietanze non era buona come quella assaggiata in altri ristoranti, tuttavia ci ha saziati a dovere…
Tornati in camera abbiamo trovato i futon già pronti, ossia i letti imbottiti simili a dei sacchi a pelo. Dormire per terra non era affatto scomodo, anzi il contatto con una superficie dura rendeva un servizio alla schiena che ne ha tratto giovamento per l’intera notte.

I futon dove abbiamo dormito quella notte
La sensazione di straniamento
Ciò che si riscontra quando si passa da un piccolo centro urbano come Nara a una grande città come Nagoya, è senza dubbio la sensazione di straniamento. Credo che l’esempio massimo sia indubbiamente Tokyo, ma la stessa Nagoya con quei grattacieli e quelle strade regolari non facesse eccezione. Lo sviluppo eccessivo della società giapponese sta amplificando una serie di fenomeni che noi vediamo di riflesso in America: stragi della follia, serial killer ecc. In questo paese invece il disagio sociale si manifesta con un fenomeno inquietante, da un lato gli alti tassi di suicidio (tipici delle società moderne) dall’altro la tendenza a estremizzare la solitudine. In Giappone per esempio ci sono persone che, sganciate dalla vita quotidiana e dalla società, scelgono di restare chiusi in casa per anni. Il loro mondo diviene la fuga nei fumetti, nei videogiochi o in altre forme di intrattenimento che evitino il contatto umano. Sono i cosiddetti hokikomori, spesso giovani che si rinchiudono in se stessi. Ma oltre a questo fenomeno c’è anche la solitudine degli anziani abbandonati dai parenti, dai figli o persino soli al mondo. Queste persone vivono un lungo stato di depressione che li porta ad una morte solitaria. È il fenomeno del kodokushi ossia delle morti solitarie. In Italia è associato agli anziani ma in Giappone il numero di questi casi è in aumento persino tra persone di trent’anni! Nelle case dove è morta una persona in genere il venditore è obbligato a segnalare l’accaduto al potenziale acquirente perché su questo i giapponesi sono molto superstiziosi…

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