martedì 9 agosto 2011

Rio de Janeiro


Si stenta a credere ai propri occhi quando si sorvola Rio de Janeiro, poiché la morfologia della costa appare familiare anche per colui che vi arriva la prima volta; questa sensazione d’alta quota si trasforma poi in una piacevole vertigine quando si mettono ben saldi i piedi a terra e si respira la brezza caldo-umida dei tropici: in quel momento si pensa d’essere piombati nel set immaginifico di un sogno… Sembra infatti una passeggiata onirica, la sensazione che si prova percorrendo i marciapiedi a mosaico d’onde bicrome dell’Avenida Atlantica, poiché torna alla mente il divertente ballo a ritmo di Samba di Paperino e José Carioca, in una pellicola animata della Walt Disney.

Incrociando poi la gente di Rio, ci si sente immersi nel sapore festoso di una contagiosa allegria Brasiliana, esternata dai grandi sorrisi di sculturei ragazzi che si sfidano in una partita di beach volley; un’allegria che percorre le spiagge sabbiose di Ipanema, sino alle dolci colline verdi del Corcovado, là dove campeggia l’imponente statua del Cristo Redentore che abbraccia la città che porta il suo nome. Da questa altezza il panorama è commovente, poiché è possibile riconoscere come in un’immensa cartina geografica, ogni luogo della città da cui si percepisce l’aspetto duale dei suoi abitanti: la Rio agiata che vive le sue ore tra i bar di Copacabana e le frenesie dei sambodromi, e quella povera delle periferie, tra le immense favelas abbarbicate sulle immondizie di colline troppo ripide dove tutto è permesso, anche la facoltà di morire erroneamente per pochi spiccioli in tasca. In questo contrasto di mondi apparentemente lontani ma in realtà fin troppo vicini, Rio de Janeiro fa delle sue diversità una virtù; il simbolo stesso della mescolanza di razze e colori, che nel collante di una forte identità nazionale, unisce i brasiliani in un unico grande popolo.

Nella “città di Dio” tutto può accadere: sedotti dall’imprevedibilità di un amore esotico nato dalla solerzia di uno sguardo ammiccante, o più semplicemente lasciandosi incantare da una Capoeira improvvisata da giovani in cerca di esibizionismo. Eppure la città carioca non è solo un concentrato di ore da prendere troppo alla leggera, poiché essa cela un sorprendete passato da capitale, con cui sono stati edificati, sul finire dell’ottocento, boulevard parigini e piazze soleggiate, per poi proseguire l’opera nel disegno moderno di Le Corbusier. Anche per questa ragione già dal dopoguerra, un fitto via vai di star del cinema e Capi di Stato, ha animato le hall dei vecchi alberghi di lusso, coagulando il mito perenne della luce dei tropici. Rio così, mantiene la fama di un Carnevale ormai massificato dalle TV del globo e dai soldi degli sponsor, sedotto dall’espansiva furbizia delle sue donne, dalla follia collettiva delle Sambe di professionisti del ballo, dalle immense fortune editoriali di Paulo Coelho o da quelle calcistiche di Zico, Romario e Ronaldo; poiché Rio è la città del Maracanà, lo stadio più grande del mondo, il tempio di uno sport che esalta più di tutti il religioso culto del corpo su cui i brasiliani ripongono un’indiscussa fede. Così in questa conurbazione di contraddizioni, idee e sogni, chiunque almeno una volta nella vita, vorrebbe perdersi senza alcuna remora.

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