mercoledì 30 luglio 2014

Giappone 2013: da Tokyo a Nara (sesto giorno)


Mercoledì 3 aprile 2013

Ancora una volta pioggia a dirotto. Quando usciamo dall’hotel per dirigerci alla stazione l’acquazzone è implacabile, soprattutto perché ci stiamo spostando con le valigie per dirigerci verso la prossima meta: Nara. In questo viaggio abbiamo finalmente l’opportunità di prendere il treno veloce Shinkanzen da Tokyo a Kyoto, poi ci toccherà cambiare in direzione Nara. In questa tappa Thomas ci seguiva sino a Nagoya, città dove ci saremmo riuniti il giorno successivo.


Lo Shinkanzen
Lo Shinkanzen è una meraviglia tecnologica del Giappone, un treno che viaggia a più di 300 km all’ora. L’interno è come quello di un treno veloce italiano, molto spazioso e pulitissimo. Per andare da Tokyo a Kyoto, ossia poco più di 600 km, impiega due ore e un quarto: un po’ come andare da Roma a Milano evitando l’aereo. Gli Shinkanzen sono costosi, talmente tanto da costringere i turisti a prendere il Japan Rail Pass, una tessera che per quattordici giorni ci avrebbe permesso di prendere tutti i treni del Giappone ad un costo di circa 370 €. 
Quando arriva lo Shinkanzen in stazione sembra che arrivi una Ferrari. Molte persone fotografano il suo arrivo perché in effetti è una meraviglia tecnologica. Il senso pratico giapponese poi li porta ad avere al suo interno un sistema che permette la rotazione dei sedili, in modo da non dover ruotare tutta la carrozza. C’è anche un aspetto impressionante dell’organizzazione giapponese. Quando arriva il controllore, rigorosamente in guanti bianchi o la venditrice di bibite, varcata la soglia della carrozza fa un inchino rivolto a tutti; tutte le volte che entrano o escono fanno un inchino! Il primo giorno abbiamo persino visto una signora delle pulizie che all’arrivo del treno, prima di far salire i passeggeri sarebbe entrata per pulire e sistemare la carrozza. La signora ha persino fatto un inchino al treno vuoto in arrivo!
Lo Shinkanzen


Quando si effettua il cambio alla stazione di Kyoto si respira un’altra atmosfera. Si capisce subito d’essere arrivati in una città maledettamente turistica, pur essendo nella stazione. Lo si denota dai negozi di prodotti tipici. Quando arrivi a Nara invece la sensazione è totalmente diversa. È chiaro che si sta arrivando in una città turistica, ma viste le dimensioni contenute della località tutto assume un’atmosfera rilassata. Il caos di Tokyo sembra un lontano ricordo, qui i ritmi sono molto più umani.
Per quella notte a Nara fui io a scegliere un ostello molto economico. L’ambiente era molto informale come lo desideravo io, ma aveva anche l’aspetto di una abitazione giapponese. Si apriva una porta scorrevole, si entrava nella stanza principale e ci si toglieva le scarpe. Il padrone, molto gentile ci ha fatto lasciare le valigie e ci ha suggerito cosa vedere nei dintorni. C’era da camminare per visitare i vari templi, ma noi avevamo intenzione di girare la cittadina senza alcuna fretta.

L'ingresso di un piccolo tempio a Nara
Una abitazione tradizionale di Nara
Nara
Nara è una città UNESCO per la presenza di molti templi buddisti e per il fatto d’essere stata un’antica capitale del Giappone dal 710 al 794. Il territorio è collinare e ricco di parchi ove sono ubicati moltissimi templi. Dall’ostello al centro della città si può andare benissimo a piedi. Le dimensioni delle vie e le case basse, spesso monofamiliari, ricordano i nostri paesini sonnolenti. Ovviamente è tutto diverso, molto ordinato. Le casette sono graziose e richiamano lo stile giapponese tradizionale, a volte per il tetto a tegole o per la presenza di un piccolo giardino. È incredibile come la modernità (anche in termini costruttivi) possa alla fine lasciare spazio sempre e comunque a elementi della tradizione. Solo a Nara ho potuto riscontrare questo sincretismo tra l’antico e il moderno, perché a Tokyo i grattacieli spersonalizzano ogni stile, lì tutto è internazionale e uguale in ogni angolo del pianeta. A Nara invece le case trasmettono serenità e qualità di vita, proprio come la vita di periferia richiede.


Anche in questo caso mi risulta difficile elencare tutti i templi visitati, posso tuttavia dire una cosa importante. A parte i turisti occidentali che visitano un tempio come qualsiasi monumento, i giapponesi che entrano per pregare mi hanno colpito perché anche in Giappone c’è la consuetudine che noi critichiamo alla Chiesa: quella di basare tutto sui soldi. Contrariamente a quanto mi sarei aspettato anche nei templi scintoisti e buddisti si usa fare delle offerte. L’offerta in sé non è un male, in ogni religione, con forme diverse si fanno e si facevano offerte. Quello che non mi aspettavo è invece l’utilizzo smodato dell’offerta con finalità semi-commerciali, proprio come avviene dalle nostre parti: dall'incenso prima di entrare nel tempio, alla preghiera contenuta in un foglio, oppure ad un ex voto in legno ove invocare una richiesta agli dèi, tutto passa attraverso l’atto di lasciare dei soldi. Non parliamo poi alcuni templi dove si vendevano persino oggetti sacri e candele. Su questo punto il Giappone e le religioni orientali non differiscono minimamente dalle storture di casa nostra.


Una delle caratteristiche di Nara è senza dubbio la presenza di molti cerbiatti che vivono liberamente nei parchi e vicino ai templi. L’abitudine alla presenza umana li ha resi docili e ben disposti nell’accettare cibo. Molti bambini e i turisti di ogni età si fermavano a dare del cibo, a quel grazioso animale che richiama il Bambi della Walt Disney. Questa creatura è persino rappresentata nei tombini della città come un simbolo.

L’hanami o fioritura dei ciliegi
Altra caratteristica che rendeva quel luogo stupendo erano i ciliegi in fiore, sono stato rapito dai tanti alberi di sakura che adornavano le strade e i parchi. È interessante riscontrare che l’hanami che significa letteralmente osservazione dei fiori è nato proprio nella città di Nara durante l’epoca imperiale. L’hanami (se vogliamo essere pignoli) sarebbe nato in Cina ma solo in Giappone si è sviluppato concentrandosi proprio sulla bellezza del sakura. Questo albero, e questo momento dell’anno assumono un grande significato filosofico. Perché i fiori di ciliegio non cadono dopo essere seccati ma nella pienezza della loro bellezza. Questo aspetto affascinava i samurai che si auguravano di perdere la vita con onore in battaglia o col harakiri. Quindi l’hanami rappresenta anche la vita e la sua bellezza, ma anche la caducità di essa. Sull’argomento il poeta e pittore giapponese Yosa Buson (1715-1783) ha scritto questo haiku:
Cadono i fiori di ciliegio
sugli specchi d’acqua della risaia:
stelle, al chiarore di una notte senza luna.


Chiacchierata con un ragazzo cinese
Di sera, di ritorno dal giro per Nara la stanchezza si faceva sentire. Quando siamo tornati nell'ostello abbiamo trovato esattamente l'atmosfera che desideravamo. C'erano altre persone che come noi visitavano la città: una coppia adulta del Sud Africa, dei ragazzi inglesi e accanto al nostro letto un ragazzo cinese e uno di Taiwan. A parte gli scambi di sensazione tra le varie persone, ad esempio sul fatto che per le strade non ci sono cestini per gettare le carte o l'immondizia (concetti che per noi europei risultano assurdi), ho avuto modo di confrontarmi col cinese. La discussione si è subito infittita. Egli invidiava il fatto che fossimo italiani per il fatto che da noi le leggi e la democrazia garantiscono più diritti. Io ho risposto che è vero che in Italia e in Europa i diritti sono un aspetto molto importante come il welfare, ma la politica attuale assoggettata dai poteri economici sta facendo peggiorare di molto la situazione. Il cinese ovviamente, una persona abbastanza aperta di vedute, lamentava l'assenza di libertà. L'impossibilità di avere in internet libero, essendo schermato dalla cosiddetta "grande muraglia di fuoco" il firewall cinese che impedisce la visualizzazione di Youtube, Twitter ecc. Tanto è vero che i cinesi hanno un loro motore di ricerca, e un loro equivalente di Twitter. Egli comunque diceva che il maggior problema del paese era la corruzione della politica e lo sfruttamento vergognoso del popolo privo di diritti. Io sapevo anche che i prezzi delle case in Cina sono altissimi e per questa ragione molti cinesi fanno dei mutui pesantissimi, il che li costringe a lavorare molto e a essere infelici e privi di una reale via di uscita. Egli ad un certo punto ha persino affermato che la sua visione del futuro è pessimista. Al che ho risposto con stupore: “Un cinese pessimista? Proprio nell'unico paese dove la crescita economica spaventa tutti?” La sua risposta a questa domanda è stata intelligente, dato che la forbice tra ricchi e poveri si allarga sempre più, credeva che lo sviluppo aiuti le classi ricche senza incidere su quelle basse. Aggiunse pure che evitava di parlare di politica con il suo amico, dato che la questione Taiwan era fin troppo spinosa tra i due paesi e li avrebbe portati inevitabilmente ad uno scontro. 
Per quanto non invidiassi la società in cui viveva aggiunsi che in fondo io non amavo essere un satellite degli Stati Uniti e che l'ascesa della Cina avrebbe portato più equilibrio nelle questioni politiche ed economiche. L'arroganza occidentale forse sarebbe stata equilibrata dalla ponderazione cinese. Una delle caratteristiche che apprezzo della Cina è il fatto che usano una politica più attendista rispetto quella occidentale. Nella questione Taiwan per esempio la Cina dimostra di non essere aggressiva come altri paesi. Forse ho peccato nel dare un'immagine troppo positiva nei confronti di questo paese, ma mi sentivo in obbligo di trasmettere un messaggio di vicinanza se non di stima da una sfera territoriale in contrapposizione con quella cinese.

Il dialogo con il ragazzo mi ha fatto riflettere su come il mondo sia diviso tra bande o clan. C'è la banda occidentale che include anche il Giappone, poi c'è quella russa e dei paesi limitrofi, quella araba, quella cinese e così via. Questi paesi hanno dei sistemi separati, i russi come i cinesi posseggono il loro Facebook e Twitter, ma anche il loro motore di ricerca e persino carte di credito diverse. Separare questi sistemi, evitare che i popoli si mischino troppo attraverso le limitazioni dei visti, hanno una funzione indubbiamente politica. Andare in Russia richiede il visto, ma andare in Giappone è per noi molto semplice in quando questo paese è nella sfera occidentale. Tutti gli strumenti di controllo e di svago posseggono ma loro identità culturale. Il mondo così mantiene le piccole cortine di ferro che politicamente ci mantiene ancora separati.

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