domenica 27 luglio 2014

Giappone 2013: una giornata a Nikkō (quinto giorno)


Martedì 2 aprile 2013:

Quella mattina eravamo perfettamente organizzati. Sveglia presto, spostamento rapido verso la stazione di Shinjuku, metro e coincidenza con il treno per Nikkō. Avevamo già considerato gli orari dei treni in modo da non arrivare troppo tardi a destinazione. Quel giorno tra l’altro pioveva a dirotto e faceva ancora freddo.

I templi di Nikko sotto la pioggia


Nikkō
Nikkō è una antica città a nord di Tokyo distante circa 140 km, una meta turistica abbastanza famosa in Giappone anche perché grazie ai suoi antichi templi è stata dichiarata patrimonio UNESCO. Questo centro è storicamente considerato un luogo spirituale dove per secoli i fedeli andavano in pellegrinaggio anche per la presenza delle tombe di alcuni shōgun, gli antichi dittatori militari che governavano i territori del Giappone. La bellezza del luogo risiede nella grande concentrazione di templi all'interno di una foresta e con il palcoscenico in una zona montagnosa e ricca di fiumi. Ma c’è anche da ricordare una cosa, che andando a nord ci si avvicinava alla prefettura di Fukushima! Rispetto a Nikkō Fukushima distava appena 100 km e questo spettro, legato più che altro alla radioattività presente nell'area, di certo non tranquillizzava. Durante il viaggio infatti avevo pensato a tutta quella gente che viveva nei dintorni di Nikkō o magari ancor più vicino alla ex centrale nucleare. A fronte della radioattività è stato impedito ai cittadini di tornare alle case per un raggio di 20 km, ma è anche vero che anche nella capitale del Giappone (250 km da Fukushima) sono in aumento i casi di tiroide o altri segnali legati alle disfunzioni della radioattività. In fondo la catena alimentare e quotidiana ne è stata influenzata. Si pensi al pescato che ogni giorno giunge a Tokyo o magari alle coltivazioni sui cui terreni le ripetute nubi radioattive hanno lasciato un segno; si pensi anche all'esistenza stessa delle persone che inevitabilmente risultano essere statisticamente più esposte ai rischi di tumore per il solo fatto di vivere nel nord del paese. Per assurdo una città come Nikkō andrebbe abbandonata per chissà quanti anni. Ma come si fa ad abbandonare un patrimonio storico e turistico come quello? In un documentario avevo sentito dire che in alcuni negozi e supermercati giapponesi si usa il contatore geiger per controllare la radioattività del cibo e del legno: io non ne ho visti. Ma la gente, non avendo più una fiducia cieca nelle raccomandazioni del governo indubbiamente è costretta a cautelarsi come può.



Per arrivare nella zona dei templi è necessario prendere un autobus dopo essere giunti nella piccola stazione della cittadina. Seguendo la folta schiera di turisti giunti fin li non si poteva sbagliare. L'unico problema che rendeva la visita complicata era la fitta pioggia che cadeva anche lì. Le sensazioni che avrebbe potuto dare quel posto si sarebbero sicuramente amplificate con un tempo migliore. Infatti alla magnificenza dei quei templi così vicini l'un l'altro, immersi in quella foresta secolare, il tempo meteorologico sminuiva tutto e celava anche il paesaggio che come sfondo ha le montagne. Era difficile fermarsi a fare una foto, ammirare il paesaggio e le strutture così curiose. La bellezza delle lanterne in pietra consunte dal muschio o la magnificenza certosina dei templi erano soffocati dalle condizioni avverse. In uno dei templi (è difficile per me elencare tutti quelli visti e sarebbe un'inutile excursus turistico) una guida ci ha mostrato la perfezione della struttura, rigorosamente in legno, che possedeva la caratteristica di avere un'ottima eco. Presi due bastoncini e fatti battere, l'eco del colpo risuonava nell'intero tempio: davvero stupefacente!
Abbiamo visitato per un paio di ore l'intero complesso di templi, almeno nella zona più accessibile. Ma la località, per essere ben visitata avrebbe richiesto ulteriori visite a templi più distanti, nonché un'escursione all'interno del parco per giungere nei pressi di una cascata che la guida suggeriva caldamente di vedere. Tuttavia, giunto il primo pomeriggio, anche per toglierci dal fastidio della pioggia, ci siamo accomodati in un ristorante. Il locale non aveva molte pretese ma il cibo era buono, ancora una volta mi sono affidato al suggerimento di Thomas e ho assaggiato una pietanza diversa e molto buona.


Il cibo giapponese
Per chi non ha mai avuto la possibilità di mangiare in un ristorante giapponese dico subito che è un'esperienza diversa rispetto alla nostra. Non sono un esperto, né un appassionato di cucina, per questa ragione non vi elencherò il cibo che ho provato o gli ingredienti. Posso solo dirvi una cosa, che l'approccio è diverso. Una delle caratteristiche iniziali è senza dubbio il fatto che prima di ordinare una pietanza il cameriere o la cameriera porta un asciugamano bagnato con acqua bollente. Preso nelle mani lo si usa per pulirle, meglio sul momento, dato che il calore dell'acqua va via presto. Quando si ordinano le pietanze, in genere vengono portate su di un vassoio. L'acqua è gratis mentre qualsiasi altra bevanda è a pagamento. Spesso accompagnavamo il cibo col sakè. Questa bevanda ricavata dal riso è parecchio alcolica e risulta essere molto gradevole durante il pasto. Viene bevuta su dei bicchieri piccoli, come fosse del cognac. 
I pasti giapponesi vengono serviti su delle ciotole di diverse dimensioni. Ovviamente si usano le bacchette, qualche volta il cucchiaio. Le pietanze vanno mangiate senza un ordine, si possono prendere i contorni o i piatti principali. Il tutto mostra sempre un'intrinseca estetica culinaria attraverso la contrapposizione di sapori e la disposizione dei piatti. Spesso si incappa in piatti dagli ingredienti sconosciuti, magari dalla forma strana, ma dal sapore buono. Ciò che ho potuto subito apprezzare è il fatto che quasi tutto il cibo giapponese risulta essere squisito. Ogni sapore è una scoperta, un'esperienza nuova e piacevole. Grazie a questa esperienza sono riuscito a mettermi nei panni di uno straniero che arriva in Italia. La nostra cucina, così ricca di particolarità e di regionalismi e un piccolo universo culturale indimenticabile. Quando si va in Giappone si ha lo stesso effetto. Se si ha a disposizione una persona del luogo, sarebbe istintivo chiedere di assaggiare ogni piatto, senza rimanerne delusi. Questa ovvietà, non è sempre possibile in tutti i paesi del mondo, perché a volte le pietanze sono deludenti, i sapori strani o troppo forti. In Giappone invece la raffinatezza culinaria è una garanzia sempre! Tuttavia è strano per noi italiani notare che essi non usano il pane a tavola. Nei ristoranti non è previsto neanche…
Altra caratteristica è quella che il conto non viene portato al tavolo ma si va sempre alla cassa a pagare, sia che si tratti di un ristorante di basso o di alto livello. In genere non è richiesta mancia.

Dopo pranzo percepivamo la giornata a Nikkō come conclusa. Per questa ragione abbiamo preso il pullman e siamo tornati alla stazione dove avremmo atteso un'ora circa prima di vedere arrivare il treno. Nel frattempo siamo andati a caccia di un bar, per il rito del caffè, ma non ce ne era aperto nessuno. Così ci siamo affidati ad un distributore automatico che vendeva bevande molto diverse dalle nostre; in base al colore si potevano riconoscere le bevande fredde o quelle calde. Io ho provato una lattina che conteneva del caffè caldo, inutile dire che era orribile! Ma almeno mi ha dato una svegliata...
Durante il viaggio di ritorno avevo avuto conferma che ci saremmo incontrati con Fumiko, la couchsurfer di Tokyo. Di sera ci saremmo visti verso le 20 alla stazione di Shinjuku. 

In hotel ebbi la conferma dell’arrivo della busta con SIM card. Con mio stupore la busta conteneva due SIM già tagliate. Provai subito la prima ma non funzionava mentre la seconda si: avevano previsto la probabilità che questo accadesse! Avuta conferma che la SIM funzionava e attivata con l’invio di una email ho preparato la lettera per restituire quella non funzionante. Nella loro precisione la ditta aveva inviato anche la busta già indirizzata e il francobollo. In poco tempo mi dovetti ricredere di tutta la mia iniziale sfiducia nei giapponesi!

Non è stato facile vederci con Fumiko, dapprima mi aveva detto che avrebbe ritardato, poi mi ha suggerito di cercare un posto dove cenare a causa di contrattempi. Quando abbiamo trovato il ristorante l’unica cosa che ho potuto fare è stata quella di chiedere alla cameriera di scrivere l’indirizzo a caratteri giapponesi dell’iPhone per essere più preciso. Piccolo inciso, in Giappone non ci sono dei veri e propri indirizzi come li conosciamo noi. Le vie hanno un nome ma non ci sono i numeri civici, tutto ciò rende la ricerca di un luogo un po’ complicata.
Fumiko è una persona molto cordiale e aperta, un carattere forse atipico per una giapponese. Mi ha colpito per esempio un gesto molto cordiale da parte sua: mi ha regalato una monetina con un nastro rosso. La delicatezza del gesto rivolto ad una persona sconosciuta, mi ha spiazzato. Lei ci ha anche raccontato diverse esperienze negative con persone che avrebbe dovuto incontrare (lei non ospita) ma che alla fine le hanno dato buca. Per quanto abbiamo trascorso solo poche ore, alla fine è stata una serata molto piacevole. Purtroppo noi saremmo ripartiti l’indomani e non avremmo più avuto occasione per vederci. Tuttavia era messa d’accordo con Eric che sarebbe restato un giorno in più a Tokyo. A noi è rimasto il contatto su Facebook e la speranza di tornare un giorno nuovamente a nella capitale per rivederci.

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