sabato 24 dicembre 2016

Iran 2016: Persepoli e Shiraz

La Porta di Tutte le Nazioni
Venerdì 29 aprile

Finalmente giunse il giorno per me più atteso, quello della visita a Persepoli. Una delle ragioni di maggior interesse per il viaggio in Iran risiedeva proprio nella visita a Persepoli. Nonostante non sia stata la vera capitale del regno achemenide ma una città di rappresentanza, essa è la più vivida testimonianza dell’antico impero persiano. Quello stesso impero che ha segnato per lungo tempo le sorti della Grecia ma anche dell'Impero Romano. Per questa ragione il suolo di Persepoli era per me una visita quasi religiosa. 
Il sito è ben organizzato anche con i servizi, paradossalmente era meglio tenuto rispetto alla vecchia gestione di Pompei, dove crescevano erbacce e i muri crollavano ad ogni pioggia. 
Quando si arriva sul posto si possono vedere subito le tracce di un evento che riguarda l’ultimo scià di Persia: le celebrazioni dei 2500 anni dell’Impero persiano. In quell’occasione Reza Pahlavi, nel tentativo di migliorare la sua immagine presso il popolo organizzò un evento mondano invitando i nobili di mezzo mondo. Curiosamente, nonostante si sia succeduta la Rivoluzione Islamica, le rovine delle tende rimangono ancora lì, abbandonate da allora. Il sito è posto in una spianata desertica che contrasta con il lungo viale alberato, creato in quell'occasione ma che assolve all’importante funzione di concedere un po’ di ombra e animare piacevolmente l'ambiente. All'interno del sito invece non vi è un angolo in ombra, salvo quella dei punti di ristoro all'ingresso. La cittadella si erge come fosse una terrazza o un castello sopraelevato.

L'ingresso a Persepoli
Superata la porta di ingresso ci si avvicina a piedi avendo davanti la cittadella per l'intera estensione. È proprio questa visione a trasmettere maestosità e grandezza. Le pietre su cui è costruita la terrazza di Persepoli hanno un incastro quasi perfetto, tanto da farmi venire alla mente Cuzco dove ogni blocco ha un preciso taglio ad incastro. A Persepoli l’accorgimento è simile, anche se la perfezione di Cuzco non sembra raggiungibile. Sapevo infatti che l’adesione tra le pietre è così elevata da non permettere ad una scheda, o una carta di credito di incastrarsi tra pietra e pietra.

I blocchi di pietra sovrapposti e perfettamente squadrati
Le scale dell’ingresso principale posseggono dei gradini con un’alzata leggera, perché il sovrano che avrebbe ricevuto le delegazioni non avrebbe dovuto mostrare alcun affaticamento. Molti di questi aspetti li avevo acquisiti grazie alla trasmissione Impero di Massimo Valerio Manfredi che nella sua chiarezza m’aveva creato un senso dell'attesa incredibile.


La porta di Tutte le Nazioni
La porta di Tutte le Nazioni, cioè il vero ingresso della cittadella-palazzo di Persepoli è davvero emozionante. Passare tra i due giganteschi lamassu, i tori con testa umana che come del telamoni sostengono gli angoli dell’ingresso è un’esperienza che mi ha frastornato, non solo per la grande mole di turisti che nello stesso tempo passava facendo foto… La mia emozione era in parte quella che avrebbero dovuto provare le delegazioni che andavano in questo palazzo, anche se gli uomini del passato potevano, rispetto me, vedere per intero tutta la magnificenza dell’edificio. È chiaramente intuibile l’altezza del tetto e l’imponenza dell’architettura che doveva trasmettere la potenza del più grande impero al mondo.

Le tre scritte sulla Porta di Tutte le Nazioni
Ai lati sono chiaramente visibili dei graffiti lasciati dai viaggiatori dell’ottocento. Oggi essi costituiscono quasi un reperto, perché in alcuni casi riguardano le firme di ambasciatori e studiosi; in alto poi la scritta a caratteri cuneiformi nelle tre lingue dell’impero: persiano, elamita e babilonese. La traduzione di questo testo reca queste parole per me molto evocative: «Ahuramazda è un grande dio per aver creato la terra, il cielo, l'uomo e per lui la felicità, colui che creò Serse e lo fece diventare Re, Re dei Re, Re dei differenti popoli, Re di questo mondo vasto e immenso, sono figlio di Dario il re, discendo dagli Achemenidi. Serse, il grande Re, dichiara: io ho costruito questa "Porta di Tutti i Popoli" e molti altri edifici eretti da me dal mio padre. Quello che abbiamo costruito di bello è stato per ispirazione divina. Serse il grande Re dichiara: Ahuramazda protegga me e il mio regno, protegga quello che ho costruito io e che ha costruito mio padre.» Si tratta di un’invocazione regale, ma anche del ruolo di Re che Serse I aveva sull’impero, ossia d’una regalità non arrogante, ma salda nei principi. Questa personalità che poi caratterizza tutto il complesso, che verrà esteso e completato nel corso dei secoli, rappresenta la vera unità del Regno di Persia. Persepoli infatti non era la capitale, non era questo il luogo da cui il re gestiva l’Impero, ma un palazzo di rappresentanza utilizzato in certe occasioni, probabilmente per la festa del Nowruz, il capodanno persiano che cade nell’equinozio di primavera. Non a caso torna spesso la rappresentazione del leone che addenta il toro, che secondo la simbologia più accreditata rappresenta il prevalere del sole sulla luna, quindi della luce sul buio e dell’avvio del nuovo anno: appunto il Nowruz. 
Devo necessariamente aggiungere che questa festa è attualmente importante per gli iraniani e puntualmente celebrata. Vi è tutta una tradizione che si lega a quella antica e al culto zoroastriano che dimostra ancora una volta quanto la forza della tradizione sia presente nonostante, il mutamento in società musulmana.

La base di una colonna persiana
I principi dell’Impero Persiano
Nella puntuale descrizione degli ambienti e della loro funzione Iraj è stato molto bravo nel mettere in evidenza un aspetto che noi occidentali sconosciamo, perché le fonti antiche e la narrazione che sfruttiamo, è quella che dipingeva i persiani come barbari e come un popolo sanguinario dedito alla guerra espansiva. La rappresentazione del celebre film 300 mostra le armate persiane come esseri sovrumani. Ma dalle evidenze archeologiche, giunti proprio nei luoghi che furono di quel potere, l’evidenza è diversa. Innazitutto c’è da dire che i sovrani più importanti come Ciro e Dario, costruirono il loro impero su un principio di tolleranza. Non solo, Ciro sciolse la famosa cattività babilonese degli ebrei e consentendo loro di tornare in patria per ricostruire il tempio di Gerusalemme. Per questa ragione nei testi sacri lo si rappresenta come una figura nobile e alta. Ma ci sono altre cose importanti che i sovrani persiani adottarono, come ad esempio la costruzione di un apparato statale snello e moderno e persino una sorta di pensione per le vedove. I principi di coesione sociale di un impero multiculturale come quello persiano erano la tolleranza che si riuniva in una sola nazione. Sotto questo aspetto infatti Persepoli rappresenta ciò, non un potere violento e impositivo, ma un potere fraterno. Tutti i bassorilievi di Persepoli infatti mostrano, come per quelli dell’Apadana, una grande processione di popoli che portano doni al re. Ogni popolo ha il suo abbigliamento e i doni caratteristici e il loro passo è portato avanti da gesti di amicizia come: il tenersi mano nella mano, l’appoggiare una mano nella spalla o l’offrire dei doni. Non vi sono scene di guerra, salvo la presenza delle guardie armate imperiali detti gli immortali. Così l’intero complesso mostra dei principi di unione e non di oppressione, perché l’impero persiano vuole essere questo… 

Bassorilievi di Persepoli
La particolarità a cui si deve fare caso è anche il fatto che non vi sono rappresentazioni femminili in tutta Persepoli eccetto una, nel fulcro di un carro. Simbolicamente è molto interessante ciò, segno che nonostante l’importanza della donna nella società persiana fosse parecchio secondaria, essa resta comunque il fulcro di tutto.

Dettaglio di un bassorilievo
L'elemento femminile nel fulcro di una ruota
Al termine della visita ero commosso, non solo per il fatto d’essere giunto in quel luogo che per me rappresentava una meta mitica, ma anche per l’arricchimento che ne avevo tratto. Persepoli venne distrutta nel 330 a.C. da Alessandro Magno che, si dice, vendicò l’incendio dell’acropoli di Atene del 480 a.C. ma in questo modo distrusse un simbolo del mondo persiano. Anche per questa ragione, quel luogo mostra ben più legami con la nostra civiltà di quanto non si possa credere.

La tomba di Serse
Le tombe dei re
La visita è proseguita poco distante da Persepoli, in un sito chiamato Naqsh-e Rostam laddove vi sono le tombe dei grandi re Sasanidi e Achemenidi. Esse sono state costruite sulla facciata di un monte in un luogo desertico e aspro a pochi chilometri da Persepoli.

Tomba di Dario il Grande
Il bassorilievo in cui Sapore I cattura l'imperatore Valeriano
Quando si entra si vedono delle tombe scavate nella roccia viva con un incavo a forma di croce, un ingresso per la camera interna e dei bassorilievi. L’aspetto straordinario di questo sito è quello di trovarsi davanti alla presenza tangibile di quei sovrani persiani che hanno fatto anche la storia dell’Occidente. Dario il Grande si è scontrato vanamente con i Greci producendo la famosa battaglia di Maratona, Serse ritentando, fu tra i protagonisti della battaglia delle Termopili e dei famosi 100 di Leonida, per poi essere sconfitto a Salamina. Ma c’è anche qualcos’altro che riguarda il nostro legame con queste lontane latitudini e si ritrova in un semplice bassorilievo poco distante dalle tombe monumentali. Qui viene rappresentato il re sasanide Sapore I che cattura l’imperatore romano Valeriano. L’importanza propagandistica di questa vittoria sui romani è documentata da questo e da un altro bassorilievo col medesimo tema. In effetti i romani giunsero nei territori della Mesopotamia e ebbero come popolazioni confinanti proprio i persiani, con cui si scontrarono più volte. Ma fu la battaglia di Edessa in Turchia, a segnare questo evento così particolare. Così ancora una volta mi sono reso conto di quanto questo paese mi avesse catturato. La possibilità di vedere la storia dalla prospettiva persiana chiarisce e rende la comprensione delle cose molto più vivida.

Il cortile della tomba dell'emiro Ali
L'interno della moschea

Ritorno a Shiraz
La giornata non era ancora terminata, nonostante tutto e giunti ormai nel pomeriggio, siamo andati presso la tomba dell’emiro Ali. La particolarità di questa moschea risiede ancora una volta dell’uso di specchi di Venezia in tutta la superficie. Rispetto al palazzo del Golestan però il senso del pacchiano è unito anche ad un certo stupore, perché i tasselli di vetro sono più fini e la riflessione della luce ne risulta più frastagliata. Iraj ci ha detto che questo stile decorativo è nato dopo la rottura di un carico di specchi da Venezia e per evitare di perdere il prezioso carico sono stati utilizzati in questo modo. Forse si tratta di una leggenda, o di un evento reale, fatto sta che ad di là di tutto la decorazione è davvero suggestiva; così come è suggestiva la porta d’ingresso della moschea finemente decorata.


L'interno della moschea Shah-e Cheragh
A contatto con i musulmani
Quando poi siamo andati nella moschea Shah-e Cheragh si è aperto un altro mondo. Dico ciò perché abbiamo toccato con mano una realtà dell’Islam che neanche immaginavo. La moschea, essendo in realtà un santuario molto visitato, perché vi è seppellita una personalità importante dello sciismo, è meta di pellegrinaggio e pertanto è abbastanza organizzato. Infatti al nostro arrivo si è presentato un ragazzo addetto alle pubbliche relazioni. Egli ci ha mostrato la sala principale della parte nuova della moschea. L’edificio infatti ha subito più volte importanti lavori di restauro, di cui l’ultimo abbastanza recente: l’intervento infatti era chiaramente visibile. Tuttavia, proprio come accade nelle nostre chiese moderne, il tocco del nuovo risulta brutto e privo di fascino. In quella moschea, dove lo stile moderno aveva apportato una semplificazione incredibile dell’architettura interna si notava come il grande lampadario e la sala in sé non possedevano quella maestria e quella ricercatezza delle moschee del passato: come se non fosse più necessario occuparsi di ciò…

La modernità che erompe in moschea

Quando mi rapporto con una civiltà diversa rispetto a quella occidentale mi stupisco fortemente di ciò, perché mentre la deriva e il secolarismo dell’Occidente è noto, quello di altre civiltà sembra non esistere, o se presente lo è in misura minore. In Nepal sotto molti punti di vista lo stile di vita è ancora quello dei secoli passati e la sapienza costruttiva si è mantenuta anche nell’arte della costruzione dei templi, a volte non distinguibili tra nuovi e vecchi. Nelle società che si affacciano alla modernità questo si viene a perdere. Un chiaro esempio è il Giappone dove non si applica più l’antica sapienza, salvo mantenerla per mero senso di ammirazione. E difatti anche nelle altre stanze della moschea, per quanto lo stile ricalcasse quello dell’edificio precedente, con gli specchi alle pareti, mostrava un vistoso impatto moderno. Vi era un impianto di amplificazione e delle casse acustiche, un mobile dove poggiare i cellulari e metterli sotto carica e persino le prese dell’aria condizionata. Quest’ultimo elemento mi ha colpito, perché proprio gli iraniani erano maestri nella costruzione di edifici che si autoregolassero termicamente, mentre oggi si è giunti a sistemi che richiedono uno spreco di energia elettrica enorme, dato che alla base non si è progettato diversamente.


L’altro elemento particolare era quello di trovarsi all’interno di una moschea dove i fedeli erano mischiati ai turisti. Mi sentivo infatti un po’ in imbarazzo, come se fossimo di troppo, mentre profanavamo quel luogo facendo fotografie alle sale e alla gente intenta a pregare. Mi sembrava troppo irrispettoso. Forse il gesto che più di tutti da non musulmano ho considerato squallido è stato quando la nostra guida della moschea, nel parlare del luogo e del culto, ci ha mostrato quei frammenti di pietra che gli sciiti mettono di fronte a loro e nel chinarsi vi appoggiano la fronte. Questo gesto dovrebbe determinare un collegamento energetico proveniente dal basso che giunge nel corpo. Gli sciiti si inchinano più volte e la fronte in quel frammento. Ad un fedele presente, una persona che la guida conosceva bene, egli ha chiesto di interrompere le preghiere per mostrarci come si pregava. Egli quindi si è messo in posizione di adorazione, come comunemente vediamo nei musulmani e si è chinato. Ma questo gesto ripetuto per dei turisti che lo guardavano e lo fotografavano era quanto di più squallido si potesse vedere. Trattare la propria religione come qualcosa da mostrare ai turisti di passaggio mi è parso di cattivo gusto. L’opposto dell’intransigenza di taluni ambienti islamici.

La tomba di Hafez
L’ultimo scorcio di pomeriggio è proseguito con l’ultima visita della giornata, alla tomba di Hafez. Questo luogo è meta di un vero e proprio pellegrinaggio, sia perché è piacevole passeggiare nel giardino e sia per l’importante figura. Ciò che colpisce dei persiani è il forte legame con la poesia, dato che vi era qualcuno che proprio in quel luogo si sedeva leggendo Hafez. O come un anziano signore che si definiva un innamorato di Hafez, talmente innamorato da recitare a memoria una poesia davanti alla sua tomba, con punte di egocentrismo: ma era comunque un’espressione di ciò che persiste di questo splendido popolo.
La sera in conclusione di giornata siano andati a cenare in un edificio storico, la casa Shapouri.



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