Per quel poco che ho potuto vedere della città ho percepito subito un inatteso senso di ordine e bellezza. La città è ricca di verde e l’ambiente in sé non ha nulla a che fare con il caos e la tristezza di Teheran.
Decorazioni parietali della moschea del venerdì |
La moschea del venerdì è un edificio molto importante della città, non solo perché in esso convergono ben 900 anni di storia, ma perché esprime le migliori qualità dell’architettura persiana. L’espansione del monumento non ha intaccato il senso di armonia estetica che l’intero complesso esprime, tanto da essere stato dichiarato patrimonio Unesco. Un aspetto su cui ho cercato di soffermarmi è stato quello dei simboli contenuti nei luoghi sacri dell’Iran. Bisogna dire che per quanto le moschee siano il luogo della religione dogmatica musulmana, in esse vi sono degli elementi connessi alla mistica sufi; così come alcune antiche maestranze in Europa possedevano delle conoscenze iniziatiche, tanto da produrre i capolavori del gotico come vere e proprie foreste di simboli in pietra. Allo stesso modo gli antichi costruttori, e molti di coloro che facevano parte dell’intellighenzia iraniana, erano degli iniziati al sufismo. Da iniziati sufi il volere è quello di esprimere nella perfezione e nella complessità dei simboli la sapienza universale: infatti i simboli sono presenti sotto forma di richiami e proporzioni geometriche. Con questa finalità si usava anche la proporzione aurea nella progettazione architettonica, e nella moschea del venerdì vi sono diversi esempi. Le decorazioni parietali e le cupole mostrano chiari riferimenti geometrici e matematici che celano così una rappresentazione più profonda della divinità. Il divieto di rappresentare il sacro per immagini nell’Islam ha spinto l’arte persiana verso una bellezza astratta fatta anche da figure cufiche. Così ciò che in Occidente si trasmette superficialmente per immagini, nell’Islam si trasmette esclusivamente per simboli.
Una delle antiche sale interne aveva una pianta pressoché quadrata e con una cupola superiore. A detta della guida, l’ambiente era perfettamente cubico un po’ come quello delle cube bizantine in Sicilia. Pur essendo quest’ultimi degli edifici cristiani mostrano molti elementi dell’architettura araba, dato che vi è stata una felice commistione. Impressionante poi la decorazione del mirhab in pietra.
Decorazione del mirhab |
Giunti nuovamente nell’enorme piazza, finalmente con la luce del giorno, ci si rende conto di come essa sia piacevolmente viva: tra gruppi di turisti, iraniani in vacanza e gente che semplicemente spende il proprio tempo, si può dire che c’è un universo, d’altronde il suo nome significa “immagine del mondo”.
Sarebbe stato bello vivere la piazza per un tempo adeguato e non dover fuggire subito a causa dei tempi contingentati. Infatti una cosa straordinaria era vedere gli iraniani fare il picnic sull’erba. Questo aspetto è tipico del paese, in ogni angolo di verde che sia persino una grande rotatoria in mezzo al traffico, gli iraniani si siedono per fare un picnic. In genere portano un grande telo dove s’intrattengono chiacchierando e dove i bambini possono scorazzare allegri. Nella piazza c’erano molte famiglie, con mio stupore una delle donne seduta con famiglia al seguito si è alzata in piedi facendomi cenno di unirmi a loro, a cui purtroppo ho dovuto dire di no. Questa scena si ripeterà più volte nel corso del viaggio, indice della grande voglia di conoscere gli altri. In effetti gli iraniani sono un’etnia che si amalgama bene nelle altre società. Le comunità di iraniani all’estero si uniscono agli “occidentali” senza troppi problemi. Infatti tutti gli iraniani che ho incontrato si sono posti sempre in un modo molto gentile, ciò deriva forse, un po’ come avviene per i romani, nel fatto di avere un substrato culturale abituato alla presenza degli stranieri. L’iraniano è in effetti abituato agli stranieri ed è esso stesso un popolo che contiene molte minoranze che, diversamente da altre nazioni vicine, mantengono i loro spazi e le loro tradizioni: persino gli ebrei. Sicché in quel gesto spontaneo della donna c’era tutto questo sostrato culturale, ma non solo, emergeva anche un’altra caratteristica, quella di un ruolo femminile non secondario. L’iniziativa in questo caso, nasceva da una donna, così come avrò modo di riscontrare più e più volte. Gli uomini sembrano a confronto degli sciocchini che mantengono un ruolo chiave in virtù della tradizione e delle leggi, ma sono le donne apparentemente, a reggere una fetta importante di società perché più libere rispetto ad altri paesi musulmani. Mi è sovvenuto quindi alla mente un documentario visto su internet. Si trattava di un francese che viaggiava cercando ospitalità tra la gente delle varie nazioni. In una delle puntate negli Emirati Arabi ha modo di comprendere chiaramente l’approccio impositivo degli uomini. L’episodio era simile, c’era una famiglia che faceva un picnic, ma in questo caso la sua presenza non era ben accolta e anzi, il fatto di avere delle telecamere aveva reso il capo famiglia piuttosto nervoso. Egli quindi disse che le donne si vergognavano delle telecamere e che essi preferivano restare tra di loro. Ma era ovviamente un’imposizione maschile, l’esatto contrario di ciò che avviene in Iran…
La moschea dello sceicco Loftollah
La moschea dello sceicco Loftollah è un ottimo esempio di arte musulmana, con gli interni completamente piastrellati con contrasti blu, gialli e bianchi. La bellezza della decorazione così fitta ma anche così elaborata, produce un vero senso di bellezza che pervade lo spirito ed emoziona. Lungo il corridoio le volte assumevano la forma di una stella a otto punte. Questo elemento geometrico è ricorrente nell’architettura musulmana e rappresenta l’equilibrio cosmico: la sovrapposizione di due quadrati 4x4 cioè la cosiddetta quadratura raddoppiata, esprime questo senso. Per questa ragione le fontane nei cortili interni o nelle moschee sono in genere degli ottagoni. E forse è anche per questa ragione che il simbolo della municipalità di Kashan è una stella a otto punte ma con un complesso gioco geometrico che ricalca sempre la maestria di questo popolo.
La "coda di pavone" della cupola |
Le donne iraniane
Un episodio che abbiamo notato all’interno della moschea, ma che poi si è ripetuto più volte lungo tutto il viaggio, è stato quello di essere fermati da giovani donne, ma anche da adulte, a causa del look eccentrico di uno dei nostri viaggiatori. La barba lunga e i tatuaggi ben visibili lo rendevano simile ad una rock star inconsapevole, e ciò scatenava l’interesse e la curiosità. Il ripetuto accanimento con cui le ragazzine, soprattutto, chiedevano di farsi dei selfie o di fargli una foto era sconvolgente. In virtù del fatto che associamo le donne musulmane a quell’integrità morale e a quella rigidità di costumi, questo comportamento appariva fuori dagli schemi. Ma così come sembravano fuori dagli schemi tutte le donne che si lasciavano fotografare senza alcun problema: anzi se ne percepiva una sorta di vanto proprio per questa attenzione riservata a loro.
L’altro aspetto che balzava all’occhio era il fatto che le donne iraniane sembravano mostrare un’enorme frustrazione sessuale. Gli sguardi che lanciavano nei confronti degli uomini o le occhiate che ricambiavano quando si sentivano osservate, aveva dello sconvolgente. Non solo le donne più giovani ma anche quelle sposate sembravano apprezzare e ricambiare le nostre attenzioni, tipicamente italiane, nella mimica e nell’espressione compiaciuta del volto. La nostra guida mi ha confessato che le iraniane (sicuramente in misura maggiore con gli stranieri) sono molto più disponibili di quanto si creda e che un eventuale approccio probabilmente sarebbe stato ricambiato. Sicché feci una domanda legittima, ma se la legge ufficiale vieta ad un uomo e una donna non sposati persino di prendere una stanza d’albergo assieme, come si sarebbe risolto questo problema? Ed egli mi ha detto chiaramente che molte leggi in Iran vengono raggirate, sapendo bene con quali margini ci si può muovere. Lo stesso avviene nelle feste private dove l’atmosfera si rilassa, le donne tolgono il velo, ballano e si beve persino del vino. Ma è anche vero che il rischio potenziale a cui si va incontro è alto. L’adulterio in Iran è condannato con la lapidazione, come prescrive la sharia, e la guida Lonely Planet allerta i viaggiatori del rischio di finire in prigione, così come sembra essere avvenuto ad un tedesco che aveva avuto dei rapporti consensuali con una donna libera.
L’unica strada ufficiale per ovviare a ciò, è quella di celebrare un matrimonio temporaneo che consente all’uomo e alla donna d’essere coppia e di poter praticare anche del sesso senza essere condannati. Poi concordemente, il vincolo viene rotto e cessa l’unione. Questa pratica è molto utilizzata nei casi in cui una donna vedova o divorziata si trovi in serie difficoltà economiche. L’uomo, disposto a prendersela in carico per un certo tempo, ha così piena libertà di avere dei rapporti con lei: diciamo che neanche l’Islam è esente dalle ipocrisie a cui ci ha abituato la nostra società…
Una ragazza iraniana |
Gli altri edifici di Esfahan
Essendo passati dalla visita alla moschea a quella del Palazzo Ali Qapu, cioè la residenza reale dei Safavidi, si può chiaramente percepire la differenza stilistica e il diverso approccio concettuale. Al di là della forma architettonica, la particolarità che risalta subito sono le decorazioni che in questo caso diventano alberi, piante, fiori e uccelli. La bellezza e la leggiadria della decorazione mi ha richiamato alla memoria quella della Sala delle Asse del Castello Sforzesco di Milano. Chiaramente le due cose sono diverse, sia per stile che per epoche, ma la sensazione che ne ho avuto mi ha ricordato ciò. Sicché da questa rappresentazione si evince il fatto che non è vero che nell’Iran musulmano non si possono mostrare immagini, perché questa regola vale solo nei luoghi sacri. All’interno delle stanze infatti vi erano anche degli affreschi con figure umane.
La particolarità della moschea dello Scià, a parte gli aspetti storici, risiede nella presenza di una stanza al di sotto della cupola principale dove vi è un’eco prodigiosa. Posti al centro della sala è sufficiente un minimo rumore per ottenerne un’eco notevole. In alcuni video su Youtube ho anche visto gente che otteneva l’eco tirando con entrambe le mani una banconota.
La pittura persiana
Muqarnas dell'Iwan nella moschea dello Scià |
Decorazioni del tetto del Palazzo Ali Qapu |
Ma il luogo migliore per avere un contatto diretto con la pittura persiana è senza dubbio il Chehel Sotoun, un’altra residenza reale di Isfahan. L’edificio in realtà non è nulla di straordinario, anzi direi che esso è piuttosto brutto per essere un edificio di quel livello. Anche in questo caso sono presenti degli specchi a parete, già visti nel palazzo del Golestan, la cui estetica è piuttosto dubbia. Nella sala interna però si scorge la meraviglia. Le pareti superiori sono affrescate con scene di guerra e banchetti reali. È in quelle scene che si nota chiaramente la collocazione geografica dell’edificio, perché i costumi esotici degli uomini, o addirittura la presenza di un elefante (trattandosi di una battaglia contro un sovrano indiano) rendono chiaramente un’idea di esotismo. Io però ho trovato molto più interessante il ciclo pittorico in basso, laddove si rappresentavano scene di vita quotidiana: scene di caccia, chiacchierate tra persone, un uomo che beve una bevanda servito da una donna, ma anche delle donne che danzano non necessariamente a capo coperto. C’era anche un dipinto, in una delle stanze secondarie, un cui una donna mostrava dei lunghi capelli neri in procinto d’essere coperti. Questo dipinto mi ha colpito particolarmente perché la donna mi richiamava nelle fattezze ad un volto rinascimentale, inoltre il suo abito faceva intravedere la forma dei seni: e se pensiamo all’Iran di oggi, ciò stupisce davvero.
In senso generale però la pittura persiana, mostra una doppia influenza occidentale e orientale assieme. Sembra essere una via di mezzo tra i due mondi, proprio come è nella realtà. Inoltre la sensazione trasmessa dallo stile e dai colori, dalla dolcezza dei volti ma soprattutto da come appaiono rilassati, sembra parlarci di un mondo che si godeva la vita, anzi di un’umanità che la amava e che cercava di viverla al meglio. Questa stessa sensazione, forse più spinta, la ritrovo nelle stampe e nei dipinti orientali intrisi di una bucolica serenità, quasi a mostraci un mondo che non si è staccato, come oggi, dalla sua condizione originaria.
Il percorso di guida è proseguito in un’altra parte della città, ossia in uno dei quartieri dove risiede una comunità di cristiani armeni con la loro cattedrale. Sin da quando sono venuto a sapere dell’esistenza di questa cattedrale, ne sono rimasto colpito. L’idea che in un paese come l’Iran vi possa essere una cattedrale mi sembrava una cosa assurda, eppure rientra nel carattere tollerante di questo popolo. La comunità armena infatti è presente già da molti secoli, fin da quando uno degli scià non concesse loro uno spazio e il diritto di culto.
Quando si entra all’interno della chiesa e si vedono con i propri occhi gli affreschi con scene del Vangelo, si rimane davvero colpiti. La cattedrale di Vank stilisticamente ha un chiaro rimando al cristianesimo orientale, è una chiesa a sé, separata da secoli da Roma e mantiene le sue tradizioni e il suo credo. Ciò che si nota sono quei chiari influssi musulmani, essendo stata eretta a Isfahan. Se l’architettura mostra dei lati di pregio nella commistione di stili, la pittura invece non è nulla di particolare. I cicli pittorici sembrano la cattiva copia degli affreschi italiani. In particolare, nell’impostazione stilistica e nella costruzione delle immagini, io ho visto una brutta imitazione di Giotto (Natività), ma anche un Giudizio Universale che ricalca parecchio gli stilemi medievali dell’inferno dominato dai diavoli, nonché uno schema michelangiolesco tra la gloria divina e gli inferi.
Anche il vicino museo non era nulla di particolare, se si eccettua un’incisione religiosa su di un capello umano visibile con un microscopio. Infine il costante richiamo al genocidio armeno perpetrato dai turchi e giustamente molto vivo della memoria di questo popolo.
Anche il vicino museo non era nulla di particolare, se si eccettua un’incisione religiosa su di un capello umano visibile con un microscopio. Infine il costante richiamo al genocidio armeno perpetrato dai turchi e giustamente molto vivo della memoria di questo popolo.
Il Giudizio Universale della Cattedrale di Vank |
Si approssimava il crepuscolo e terminati i monumenti del giorno ci siamo spostati finalmente sulle rive del fiume Zaiandé. Essendo le acque del fiume molto sfruttate per la presenza di dighe più a monte, in certi periodi dell’anno esso è secco. Pertanto il rischio era proprio quello di non vederlo scorrere, invece il corso era abbondante e il ponte Si-o-se Pol era bellissimo in quella luce naturale che declinava. Il contrasto poi con le calde luci artificiali lo rendeva particolarmente apprezzabile nella sua architettura ad archi. Tutt’intorno era brulicante di giovani che passeggiavano o si facevano delle foto. L’atmosfera era molto rilassata, ma soprattutto era davvero bello, se non quasi commovente, il canto della preghiera della sera in quel contesto così avvolgente.
Dopo la cena siamo andati a vedere il ponte Khaju, che visto l’orario era chiuso, almeno nella parte superiore. Nella parte inferiore invece c’era un passeggio continuo. Molta gente amava sedersi sui gradini che guardavano il fiume, si conversava e ci si intratteneva. Tra gli archi interni c’erano anche degli anziani che cantavano ricevendo gli applausi dei presenti. A posteriori ho saputo che recitavano le poesie di Hafez. Un po’ come se in una piazza italiana qualcuno facesse una sorta di gara di recita dei passi della Divina Commedia. Un’esperienza davvero suggestiva e che mostra ancora di più lo spirito alto di questo popolo, colto e amante dell’armonia.
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