domenica 10 agosto 2014

Giappone 2013: Takayama (nono giorno)


Antica abitazione a Hida no Sato
Sabato 6 aprile: Takayama

Takayama è una tranquilla cittadina nel centro del Giappone, una meta turistica a due ore e mezzo di treno da Nagoya. Riponevo molta curiosità su questa città perché il centro storico è costituito da case tradizionali, ed è una località abbastanza isolata dal resto del paese. Difatti quando due anni fa avevamo programmato le tappe del viaggio avevamo considerato di trascorrere una notte in loco in un ryokan…



Per ritrovare la vera città bisogna camminare lungo una delle vie a scacchiera che dalla stazione conducono sino al fiume che taglia in due la città. In quel punto c’è il centro, la parte più turistica, subito dopo il cuore antico della città. Le stradine di Takayama sono caratteristiche, l’atmosfera è quella di un film di samurai. Le porte scorrevoli di ingresso dei negozi o dei ristoranti, le insegne di stoffa sulle porte, i canali di scolo dell’acqua piovana ai bordi delle strade, il legno scuro delle case e l’abbigliamento tradizionale dei camerieri. Tutti questi elementi costruivano la fascinazione di un luogo pregno di tutti gli stereotipi che del Giappone conosciamo. In fondo l'Italia non desterebbe troppa curiosità se un turista non ritrovasse tutti gli elementi insiti nel loro immaginario: le piazze medievali, il cappuccino, il rito della moneta alla Fontana di Trevi, ecc. Se così non fosse l'idea postuma ne risulterebbe delusa, tale ero io alla ricerca di tutto ciò che di quel viaggio mi consentisse di assorbire l'essenza dei luoghi. Ma la realtà di Takayama era un po' diversa dalle mie attese perché gli stereotipi erano fin troppo posticci. Le case sembravano finte poiché si percepiva l'assenza di un vissuto: probabilmente erano state ricostruite da poco tempo. Così si respirava solo un'atmosfera un po’ troppo artefatta, predisposta solo per stupire i turisti. Persino il risciò guidato da un giapponese in vestito nero e ciabatte, per quanto bello a vedersi faceva pensare più che altro al medesimo coup de théâtre dei carretti siciliani che portano i turisti per le strade di Palermo. Così posso dire chiaramente che Takayama mi ha deluso.
Dopo quella camminata abbiamo pranzato in un locale piuttosto turistico, in fondo non volevamo spendere tanto ma sopratutto non volevamo complicarci la vita.
Un risciò turistico per le strade di Takayama
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Nel pomeriggio sotto una pioggia battente siamo tornati alla stazione per prendere un bus che ci avrebbe condotti al villaggio Hida no Sato, una sorta di parco dove erano state ricostruite le antiche dimore giapponesi. È stato questo parco a ridestare la nostra curiosità perché esso era la ricostruzione dello stile di vita dei giapponesi di qualche secolo fa.
Vi era un laghetto dove un mulino scaricava l'acqua con cui otteneva il moto meccanico. Ma anche una piccola risaia circolare e diverse abitazioni in legno. Proprio queste abitazioni davano l'idea reale di come si vivesse un tempo. Le case erano più o meno grandi in funzione del ceto sociale cui apparteneva il proprietario. Così si avevano case molto umili con annessa stalla o abitazioni grandi a due o più piani, dove era possibile trovare ben distinta la zona giorno con il focolare e le varie stanze attigue per lo studio o altre funzioni. In ogni caso la vita si svolgeva in un ambiente pulito, parecchio sollevato da terra e senza scarpe. Come la tradizione vuole gli ambienti sono spogli ed essenziali, pregni semplicità e bellezza. Ma ciò che mi impressionava era la fragilità delle abitazioni. È vero che esse reggevano il peso del tempo, ma è anche vero che le porte scorrevoli potevano essere aperte con facilità e i muri erano in semplice legno. Infine i tetti, nelle abitazioni maggiori l'ultimo piano era adibito allo stoccaggio della paglia che poi veniva anche usata per riparare il tetto, oltre a diventare cibo per gli animali domestici. I tetti somigliavano a quelli di altre antiche abitazioni del nord Europa, la tecnica sembrava simile, con l'unica differenza che lo spessore della paglia era di svariati centimetri maggiore.


L'interno di una delle abitazioni a Hida no Sato
Scorcio verso l'esterno
Dopo aver visitato le prime case ho desistito dal visitare le altre, non solo perché a un certo punto si assomigliavano tutte ma anche perché in ognuna di esse si doveva lasciare le scarpe ed entrare scalzi. L'operazione però diveniva complicata anche perché c'era poi da lasciare l'ombrello e alla lunga ne ebbi a noia. Ma aspettando Eric mentre visitava qualche abitazione in cui non sono entrato ho notato un’altra caratteristica dei giapponesi... Essi lasciavano sulla soglia un timbro col tampone dove apporre una stampa in un foglio, come ricordo. I giapponesi collezionavano le belle rappresentazioni del luogo visitato tramite il timbro. Avevo notato anche in altri luoghi questa usanza e mi impressionava, come al solito, l'enorme educazione di questo popolo, dato che nessuno si sognava di rubare il timbro.
Un esempio di coltivazione circolare del riso
Quando siamo tornati alla stazione per prendere il treno mi sentivo sollevato, è vero che avevo visto una sorta di museo all'aperto piuttosto interessante ma la pioggia ci aveva storditi. Nel viaggio di ritorno sentivo tutta l'esigenza di riprendere le forze.
Nel frattempo si era fatto sentire Thomas, con lui siamo rimasti d'accordo nel vederci allo Starbucks della stazione di Nagoya. In sua compagnia c'era Etty che avevo già conosciuto prima del viaggio, ci siamo salutati come vecchi amici, era la peculiarità del suo carattere espansivo e a mio avviso “poco” giapponese ad invogliare a ad essere così. Dopo un caffè ci siamo messi d'accordo per cenare assieme, ma Etty non sarebbe venuta con noi, lei doveva prepararsi per l'indomani: il giorno del matrimonio giapponese!
Il nostro sabato sera è passato senza particolari distrazioni, dopo cena siamo andati in uno smoking pub, un locale dove si sceglieva un sigaro o una sigaretta e si fumava. Una strana idea accarezzata dai ragazzi e da me non molto apprezzata, viste le difficoltà di evitare il fumo passivo nei locali pubblici. Dopo il pub ci siamo ritirati, disturbati ancora una volta dalla pioggia ma col pensiero rivolto al giorno successivo...
Scorcio di Nagoya dall'edificio della stazione centrale
La sicurezza in Giappone
Una delle caratteristiche che più mi ha impressionato del Giappone è il senso di sicurezza che esso emana. Non c'è mai stata una volta nel corso di tutto il viaggio in cui ho percepito una sensazione di pericolo, neanche Kabukichō dove c'erano molti volti loschi e la situazione generale ambigua. In effetti il Giappone è un paese sicuro, non sono presenti quartieri ghetto (che io sappia) dove non è possibile mettere piede e le città sono ordinate e la gente tranquilla.
Quando nel treno osservavo i paesi scorrere prima di giungere a Takayama ho immaginato proprio questo: se mi fossi trovato lì da solo, senza sapere dove andare, non avrei corso pericolo, al più sarei rimasto a girovagare per le strade anche di notte... Anche un articolo letto di recente conferma ciò, in Giappone i reati sono pochi, al più ti fregano una bicicletta o un ombrello. Ma le stesse biciclette sono lasciate spesso libere o al massimo legate con un lucchetto che blocca la ruota, come ho riscontrato a Copenhagen. È un fattore culturale quello di fidarsi degli altri, di lasciare incustoditi gli oggetti perché c’è un alto rispetto della proprietà e non ci sono troppi indigenti. Inoltre c’è il sistema educativo che rende coloro che commettono dei reati delle persone non in linea col paese, diversamente da come noi sosteniamo i comportamenti scorretti della gente e persino di soggetti da galera. Anche questo aspetto rende il Giappone un paese incredibile.

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