Quella mattina avevamo tutto il tempo per fare colazione e prepararci per il matrimonio. Io e Thomas ci eravamo messi d'accordo per cercare un bar ove fare colazione. Girammo parecchi isolati ma era tutto chiuso e le strade deserte, per un momento avevamo temuto di dover andare alla stazione e perdere molto tempo invece di fronte a noi, non troppo lontano dall’hotel, è comparso uno Starbucks...
Durante il viaggio in pullman
Per l’occasione mi ero portato dall’Italia giacca e cravatta, un abbigliamento piuttosto ingombrante e delicato da mettere in valigia, per non parlare dei pesanti regali da offrire agli sposi!
L’appuntamento era alle 10;30 alla hall dell’hotel dove ci spostammo io, Diego e Thomas (Eric non era invitato) nei pressi della stazione dove c’era il punto di incontro. Per l’occasione gli sposi avevano affittato un pulmino per condurci sino al luogo del matrimonio. Ciò che ho notato subito era che tra i tedeschi qualcuno degli invitati più giovani vestiva casual, forse troppo, mentre tra le giapponesi l’abbigliamento era vario: alcune avevano scelto un deludente abito occidentale, altre splendidamente vestite in kimono.
Durante il viaggio mi guardavo intorno, non solo per osservare il tragitto che il bus faceva ma soprattutto per osservare le persone. Se devo dirla tutta quella circostanza mi sembrava assurda perché mi trovavo in Giappone, in un pullman, con un gruppo di europei e di giapponesi diretto ad un matrimonio: delle circostanze di per sé difficili da realizzare nel corso della vita. Così riflettevo sul fatto che tutto era nato a causa del fidanzamento del mio amico con una giapponese, che a sua volta gli aveva presentato Natsuko, la sposa. Grazie a questa amicizia era giunto in Giappone e io (grazie alla mia amicizia con Diego) in tutta questa vicenda in realtà ero l'intruso che aveva l'opportunità di vivere un’esperienza unica… Difatti il mio personale ringraziamento agli sposi fu: «Grazie per avermi fatto vivere un’esperienza unica!»
Non saprei dire esattamente la località ove fosse il luogo del ricevimento, so solo che il tempio si chiamava Tsubaki e si trovava non troppo lontano da Sukuza, la città dell'autodromo (quante volte da piccolo aspettavo i risultati del Gran Premio del Giappone proprio da questa località!). A testimoniarlo un cartellone che dava il benvenuto, ma nessuna traccia della struttura vera e propria.
Ciò che ho visto invece erano i campi di tè a bordo strada: anche in questo caso l'impressione è stata notevole perché questa pianta con cui normalmente veniamo a contatto attraverso le bustine o le foglie sfuse apparivano in una forma diversa. Si presentava con un colore verde brillante come un lungo cespuglio che si estendeva per centinaia di metri in maniera continuativa. È stato in quel breve istante che ho avuto modo di realizzare concretamente la vera natura di questa pianta per noi quasi astratta. Un po' come un bambino, dopo aver visto gli animali in un libro di scuola o in un documentario e li vede poi per la prima volta dal vivo in uno zoo o al circo. Il contatto reale, ricco di sensazioni, odori e suoni, conferma sempre il distacco tra l'idea e la realtà oggettiva.
Campo di tè
Durante il ricevimento
Le Polaroid degli invitati
Il matrimonio giapponese
Il locale del ricevimento era una struttura piuttosto comune con delle sale dove gli invitati venivano divisi in base alla conoscenza: gli amici e i parenti della sposa erano riuniti in una stanza, quelli dello sposo in quella accanto. Quale stranezza trovarsi a tu per tu con gente di un altro emisfero perché un conto è incontrare persone del Couchsurfing, un altro incontrare gente comune con cui tra l'altro non si può comunicare perché non parlano inglese. Infatti c'erano persone anziane, genitori e parenti della sposa e qualche amica (che per fortuna parlava inglese). Proprio come avviene dalle nostre parti, poco prima del matrimonio gli sposi offrivano un buffet e qualcosa da bere, mentre una delle ragazze girava tra gli invitati scattando delle foto con una Polaroid. Le foto riprodotte poi venivano firmate e lasciate come ricordo agli sposi.
Dopo un’oretta circa, quando tutti gli inviati erano giunti, siamo tornati sul pulmino per dirigerci al tempio scintoista. Il tempio si trovava all'interno di una sorta di parco, o una foresta, non saprei dire esattamente. Per arrivarci ci siamo disposti in una doppia fila (come fosse una processione) con i testa gli sposi, per entrare al tempio.
Lo sposo Ben e la sposa Natsuko
L'ingresso al tempio
Poco prima di entrare nel tempio
Il tempio era una struttura in legno, non molto grande. Una sala sufficiente per contenere tutti gli invitati seduti di fronte a dei tavolini ove vi era una tovaglietta, una ciotola e una sorta di confezione elegante con delle bacchette in legno per mangiare: questa era la nostra bomboniera… Gli sposi invece sedevano al centro della sala mentre l’officiante in abito tradizionale si preparava a celebrare il rito. Egli era accompagnato da un altro celebrante che traduceva in inglese le disposizioni da dare agli invitati e due ”ancelle” (nel rito cattolico le chiameremmo chierichette) che aiutavano la celebrazione.
Descrivere il rito di per sé è complicato, anche perché non conosco la simbologia e la ragione dei gesti. Per farsi un’idea di ciò che è avvenuto sarà molto utile guardare il video trovato su Youtube che non riguarda la celebrazione cui ho partecipato ma che si avvicina molto a ciò cui ho assistito. Purtroppo non è stato possibile eseguire delle foto perché in quella circostanza era espressamente vietato, così nessuna mia immagine resta di quel momento…
Il vestito della sposa in dettaglio
Vi sono state due circostanze che ricordo con chiarezza: la presentazione degli invitati dove tutti gli invitati, in inglese o in giapponese, hanno dichiarato il loro nome e il legame con uno degli sposi. Il secondo momento, che potremmo idealmente associare alla nostra comunione (anche se i concetti sono diversi), è avvenuto quando veniva distribuito agli sposi prima e agli invitati poi, del sake. Esso veniva versato sulle ciotole con un gesto ripetuto per tre volte, di indubbio valore simbolico. Il culmine della cerimonia è avvenuto quando gli sposi hanno letto in giapponese il rito nuziale cui è seguito lo scambio degli anelli e l'applauso.
Proprio come avvenuto all'arrivo al tempio, all'uscita, sotto la pioggia abbiamo percorso alcuni metri seguendo gli sposi e ogni qual volta incontravano qualcuno ricevevano i complimenti e i sorrisi di approvazione dai passanti.
Tornati nel locale è seguita la consuetudine delle congratulazioni e delle foto protrattosi per un paio d'ore. Il ricevimento vero e proprio si sarebbe svolto in serata in un ristorante di Nagoya, cui non ero invitato. Ma a detta di Diego si è bevuto parecchio…
Il copricapo tsunokakushi
Foto di gruppo delle invitate
C'è un aneddoto che riguarda il copricapo di ogni sposa giapponese (vestita con abiti tradizionali). Esso si chiama tsunokakushi e acconcia i capelli in un modo tale da farli assomigliare a delle corna. Corna di gelosia contro l'egoismo ma che nella tradizione giapponese, non certo molto rispettosa dei diritti delle donne, simboleggia l'accettazione di un comportamento obbediente e gentile. Un altro aneddoto che riguarda i matrimoni l'ho potuto appurare in prima persona, quando ho chiesto a una giapponese qualche informazione in più. Con mia sorpresa mi è stato risposto che in genere le donne giapponesi si sposano con rito occidentale, dato che esso è meno costoso, più facile da eseguire e più alla moda. I film occidentali infatti hanno profondamente influenzato la percezione del matrimonio. Ma non solo, la scelta del rito non si vincola alla religione di appartenenza perché una persona buddista può sposarsi senza problemi con rito cattolico o scintoista: cosa che avviene normalmente. Questa distorsione è talmente evidente che mi è stato riferito dalla maggioranza degli invitati giapponesi che era la prima volta che assistevano ad un matrimonio tradizionale! In effetti secondo le statistiche (trovate su wikipedia) circa il 70% dei matrimoni in Giappone avvengono con rito cattolico. Tale stranezza, almeno per noi occidentali che non immaginiamo un matrimonio diverso dalla religione di appartenenza, avviene a causa della cultura orientale molto legata ai dettami del buddismo. È questa visione della vita a rendere gli orientali molto meno soggetti alle rigidità dei dettami etici. Dalla sessualità sino allo svolgimento della propria vita, tutto in occidente segue il principio della regola e del senso del peccato. Un esempio di tale modo di pensare posso riportarlo personalmente.
Un anno fa circa ho incontrato dei buddisti italiani per eseguire una dimostrazione di meditazione. Quando essi hanno spiegato il metodo con cui si esegue la meditazione, la posizione da assumere e altro, i presenti hanno fatto delle domande di chiarimento. Molte di esse mostravano questo retaggio culturale perché si chiedeva nel dettaglio come si doveva meditare, se si doveva fare in un modo o in un altro, se i palmi delle mani andavano posti la destra sopra la sinistra o viceversa. I buddisti rispondevano sempre che ognuno segue i tempi e i percorsi che preferisce, che non esiste una regola o un'impostazione uguale per tutti: massima libertà! Mentre per noi qualsiasi approccio segue delle regole e dei dettami rigidi, non c'è un adattamento al proprio carattere e alla propria individualità. Anche per questa ragione l’approccio orientale affascina, per l’estrema sensazione di liberazione da regole e principi.
Nessun commento:
Posta un commento