L’appuntamento mattutino era per le 9;30 nella hall dell’albergo. I ragazzi erano parecchio puntuali. Anche quel giorno il tempo non era dei migliori, c’era freddo e pioveva a dirotto. Questa condizione climatica in parte mi stupiva perché semplicisticamente associamo il clima alla latitudine di un luogo. Tokyo ad esempio è posta ad una latitudine di circa 35° nord, si trova cioè più a sud di Capo Passero 36° N e quindi più a sud della punta estrema della Sicilia. A quella latitudine si trova anche Tunisi! Questo significa che la capitale del Giappone seppur con un clima simile a quello che troveremmo a Milano è alla stessa latitudine della costa nord dell’Africa! Per questa ragione l’idea di avere quotidianamente tra i 10 e gli 8°C mi sembrava una stranezza. Ma ovviamente bisogna considerare una posizione geografica completamente diversa, l’influenza delle correnti oceaniche e quella dei venti…
Abbiamo fatto colazione in uno Starbucks, sotto questo aspetto non abbiamo mai perso le nostre abitudini. Ma c’è anche da dire che le soste all’interno dei locali pubblici erano anche la scusa per Diego di fumare almeno due sigarette. Una delle bizzarrie del Giappone è senza dubbio il fatto che è proibito fumare per strada! Nei marciapiedi sono presenti dei cartelloni che ricordano questo divieto, all’interno di molti locali invece si fuma liberamente. Personalmente questa regola mi infastidiva perché considero una vera e propria conquista di civiltà il divieto di fumo nei locali in Italia e in molti paesi europei, senza la necessità di dover tornare a casa gettando in lavatrice i propri vestiti, oltre a dover subire il fumo passivo.
L'ingresso della Takeshita dori |
Poco dopo abbiamo preso la metro diretti alla stazione Harajuku nel quartiere di Shibuya. Proprio di fronte la stazione si trova la Takeshita dori una stradina affollatissima e piena di negozi. La particolarità di questo luogo è che i negozi vendono abiti particolari e molti vestiti per Cosplay. Il Cosplay è una moda sviluppatasi in Giappone e diffusasi in tutto il mondo, la moda cioè di travestirsi come il personaggio dei manga che più identifica la propria personalità. Tra supereroi, lolite e dark lady Tokyo è sicuramente la capitale mondiale di questo fenomeno (anche perché è nato qui!).
Il lavatoio del tempio |
Subito dopo la Takeshita siamo passati presso un ponte sopra la metro Harajuku dove abitualmente i Cosplay la domenica si incontrano. Ma quel giorno non c'era nessuno, forse a causa del freddo e del tempo piovoso. Così siamo entrati all'interno del parco Yoyogi-Koen, proprio accanto al ponte. All'interno c'è un tempio scintoista parecchio affollato. In genere la prima cosa che si attraversa in un tempio è il torii che ha una funzione beneaugurante a chi vi passa. Accanto all'ingresso del tempo c'è una sorta di lavatoio dove ci si pulisce le mani tramite una sorta di mestolo. Subito dopo si attraversa una porta di accesso al tempio con delle statue di cani con la testa di leone. All’interno c’è il tempio vero e proprio costruito in genere in legno. In un tempio buddista invece l’ingresso è segnato solo dal torii, all’interno si trovano poi la pagoda, e un padiglione aperto con una campana nonché un incensiere. Nel tempio vero e proprio c’è sempre un’immagine del Buddha.
Ma prima di accedere al tempio siamo stati attratti dall'uscita di una coppia di sposi che avevano appena celebrato un matrimonio tradizionale. Indossavano infatti dei bellissimi kimono, mentre qualche parente era vestito in giacca e cravatta. La bellezza degli abiti e la fascinazione del rito sono qualcosa che mozza il fiato. Avere davanti agli occhi un qualcosa che in genere si osserva in TV o nelle foto fa una certa impressione. Ma l'emozione non colpiva solo chi come noi era un turista venuto da lontano ma anche i giapponesi stessi. Un po' per ammirazione, come succede dalle nostre parti quando compare una sposa, un po' per curiosità anche i giapponesi si fermavano a guardare quella piccola processione guidata dalle ancelle (che probabilmente dalle nostre parti sarebbero i chierichetti), dai religiosi e dalla coppia seguita dai parenti. Questa immagine in fondo anticipava ciò che avremmo visto pochi giorni dopo a Nagoya.
Una coppia di sposi assieme alle famiglie in posa per le foto ufficiali |
La passeggiata proseguì per le strade di Shibuya. Una delle cose su cui (sin da subito) tutto il gruppo si è ritrovato è stata la pausa caffè. Dopo il pranzo era inevitabile il desiderio di un buon espresso. Contrariamente a quando ci saremmo immaginati in Giappone non è difficile bere un vero espresso. Oserei dire il migliore espresso bevuto in un paese straniero. Sono molti i bar italiani e persino un punto Segafredo dove hai quasi sempre la garanzia di bere un caffè italiano. L'unico problema sono i costi, il caffè è un salasso perché il suo costo variava tra 2,50 e 3,50 €. In uno dei bar poi è stato curioso trovare in vendita il Nero D'Avola prodotto a Paceco in provincia di Trapani.
L'incrocio di Shibuya
L'incrocio di Shibuya
A quel punto ci siamo diretti verso il famosissimo incrocio di Shibuya. Per le strade incrociavamo i soliti cartelli pubblicitari (ormai familiari) che di tanto in tanto si concentravano in corrispondenza delle strade principali. Oltre a questa pubblicità si affiancava quella dei camion e dei furgoncini che richiamano l'attenzione con la musica: un po' come avveniva in occasione delle elezioni o quando arriva il circo in città, almeno dalle mie parti funziona ancora così... Abbiamo visto dei TIR che pubblicizzavano dei gruppi musicali di ragazzi mai visti. In fondo il panorama musicale giapponese è un mondo a sé fatto di migliaia di volti noti solo ai nipponici. Tuttavia il Giappone sotto questo aspetto risulta essere anche un paese aperto all’influenza della cultura americana. Non è raro trovare il volto di un attore americano o di una cantante, e anche qui in fondo l’american way of life è una religione, seppur con un sincretismo più orientale; per non parlare delle mode, alcune provenienti dall’America e altre esportate in occidente…
L'incrocio di Shibuya è davvero incredibile per la quantità di gente che ogni giorno lo attraversa e per l’esagerata presenza di cartelloni pubblicitari. Ma la vera caratteristica sono le strisce pedonali, enormi per dimensioni e piene di persone che ogni giorno le attraversano. È in un luogo come questo, famoso come lo è per noi le Champs Elyseé, Piccadilly Circus o Piazza di Spagna, che ti rendi conto quanto Tokyo sia popolata. Qui ho percepito il peso dei milioni di abitanti, una sensazione che non ho provato altrove forse perché le altre capitali non raggiungono le stesse dimensioni o forse perché i miei sensi sono stati ingannati dall’estraniamento di fronte a questa realtà metropolitana.
Il pomeriggio sembrava non finire mai così abbiamo pensato di cambiare zona e dirigerci a Ginza un quartiere moderno e parecchio chic. Alcune ampie strade erano pedonalizzate, essendo domenica, tra i tanti posti che abbiamo trovato c’era anche un Apple Store dove finalmente ho trovato un wifi libero. Al termine di questa passeggiata ci siamo spostati verso il quartiere di Akihabara, il cosiddetto quartiere dell’elettronica e dei manga. Il nostro obiettivo era di dirigerci in uno dei mega centri commerciali per l’elettronica. Thomas cercava un traduttore per il giapponese, mentre Diego aveva bisogno di una custodia per il suo cellulare. Siamo entrati in quello che potremmo definire uno dei più grandi negozi di elettronica al mondo, anche se non ho confronti con altri megastore. Lo store si chiama Yodobashi Akiba ed è una catena giapponese per l’elettronica. In quel megastore un piano espositivo era grande quanto la superficie di un supermercato italiano ma di piani espositivi ce ne erano ben sette! All’interno infatti ciò che stupiva era l’enorme offerta di qualsiasi prodotto. Vi era ad esempio uno scomparto dedicato alle cover per iPhone diviso per modelli, con una varietà degna di uno store su internet, ma anche degli espositori lunghi una decina di metri solo per un prodotto. Davvero strabiliante!
Eric è un francese piuttosto particolare, stanco del suo lavoro ha deciso di prendersi un anno sabbatico viaggiando. Pochi giorni prima a Francoforte con Diego e Thomas, avendo saputo del nostro viaggio si è unito immantinente trovando un volo che gli ha permesso uno scalo di alcuni giorni in Madagascar. Ora era in Giappone, poi avrebbe proseguito per altri paesi. Per questa ragione quando parlavamo nel tentativo di conoscerci c’era sempre il richiamo ad una sua esperienza di viaggio soprattutto in Oriente.
Il consumismo dei giapponesi
C’è una cosa che ho maturato in quelle ore, la percezione che il Giappone sia una società del tutto consumistica e parecchio occidentalizzata. È pur vero che la cultura e certe abitudini sono diverse, ma per molti aspetti, come già scritto, il Giappone fa parte dell’occidente. Il consumismo poi è una componente essenziale del modo di essere. Per le strade di Tokyo la gente veste molto bene, lo sfoggio di acconciature, abiti, accessori, auto e quant’altro è un qualcosa di evidente. Ma non parliamo di uno sfoggio presuntuoso e volgare: come ho avuto modo di vedere a Mosca tipico del cosiddetto “rozzo arricchito”. I giapponesi stanno bene economicamente, convivono con questo status e ci credono molto. Non sarà forse un caso se con alcune giapponesi con cui ho parlato uno dei desideri principali era quello di andare in Italia per fare shopping. In Europa invece percepisco una visione postconsumistica. Da noi tra le persone comuni non vige la regola dell’apparire (almeno non nella maggioranza delle persone), l’europeo preferisce essere, avere cioè una qualità di vita che non passa attraverso gli oggetti ma il tempo libero e i servizi. Ancor di più questa essenza postconsumistica l’ho percepita nel Nord Europa e in Germania. I giapponesi sembrano meno propensi a considerare la vita attraverso questi valori, anche se questo mio discorso non analizza in profondità la società giapponese, proprio perché non la conosco sino in fondo… In Europa comunque è pur vero che si concentra una sorta di stanchezza verso questo modello di vita. Così si sviluppano forme alternative di esistenza e valori che rigettano l’attuale paradigma. Forse è anche per questa ragione che la mia personale convinzione mi porta a pensare che l’Europa non è un continente destinato alla marginalità per lungo tempo. Oggi sono l’Asia e l’America i continenti dove si proietta il futuro, ma quando l’ubriacatura consumistica avrà fatto il suo corso, sarà nuovamente l’Europa a trainare gli altri paesi verso un’economia verde e un nuovo paradigma del vivere…
C’è una cosa che ho maturato in quelle ore, la percezione che il Giappone sia una società del tutto consumistica e parecchio occidentalizzata. È pur vero che la cultura e certe abitudini sono diverse, ma per molti aspetti, come già scritto, il Giappone fa parte dell’occidente. Il consumismo poi è una componente essenziale del modo di essere. Per le strade di Tokyo la gente veste molto bene, lo sfoggio di acconciature, abiti, accessori, auto e quant’altro è un qualcosa di evidente. Ma non parliamo di uno sfoggio presuntuoso e volgare: come ho avuto modo di vedere a Mosca tipico del cosiddetto “rozzo arricchito”. I giapponesi stanno bene economicamente, convivono con questo status e ci credono molto. Non sarà forse un caso se con alcune giapponesi con cui ho parlato uno dei desideri principali era quello di andare in Italia per fare shopping. In Europa invece percepisco una visione postconsumistica. Da noi tra le persone comuni non vige la regola dell’apparire (almeno non nella maggioranza delle persone), l’europeo preferisce essere, avere cioè una qualità di vita che non passa attraverso gli oggetti ma il tempo libero e i servizi. Ancor di più questa essenza postconsumistica l’ho percepita nel Nord Europa e in Germania. I giapponesi sembrano meno propensi a considerare la vita attraverso questi valori, anche se questo mio discorso non analizza in profondità la società giapponese, proprio perché non la conosco sino in fondo… In Europa comunque è pur vero che si concentra una sorta di stanchezza verso questo modello di vita. Così si sviluppano forme alternative di esistenza e valori che rigettano l’attuale paradigma. Forse è anche per questa ragione che la mia personale convinzione mi porta a pensare che l’Europa non è un continente destinato alla marginalità per lungo tempo. Oggi sono l’Asia e l’America i continenti dove si proietta il futuro, ma quando l’ubriacatura consumistica avrà fatto il suo corso, sarà nuovamente l’Europa a trainare gli altri paesi verso un’economia verde e un nuovo paradigma del vivere…
Il pomeriggio sembrava non finire mai così abbiamo pensato di cambiare zona e dirigerci a Ginza un quartiere moderno e parecchio chic. Alcune ampie strade erano pedonalizzate, essendo domenica, tra i tanti posti che abbiamo trovato c’era anche un Apple Store dove finalmente ho trovato un wifi libero. Al termine di questa passeggiata ci siamo spostati verso il quartiere di Akihabara, il cosiddetto quartiere dell’elettronica e dei manga. Il nostro obiettivo era di dirigerci in uno dei mega centri commerciali per l’elettronica. Thomas cercava un traduttore per il giapponese, mentre Diego aveva bisogno di una custodia per il suo cellulare. Siamo entrati in quello che potremmo definire uno dei più grandi negozi di elettronica al mondo, anche se non ho confronti con altri megastore. Lo store si chiama Yodobashi Akiba ed è una catena giapponese per l’elettronica. In quel megastore un piano espositivo era grande quanto la superficie di un supermercato italiano ma di piani espositivi ce ne erano ben sette! All’interno infatti ciò che stupiva era l’enorme offerta di qualsiasi prodotto. Vi era ad esempio uno scomparto dedicato alle cover per iPhone diviso per modelli, con una varietà degna di uno store su internet, ma anche degli espositori lunghi una decina di metri solo per un prodotto. Davvero strabiliante!
In quel lungo frangente di tempo Diego aveva ricevuto un’email da Eric, un ragazzo francese che aveva conosciuto a Francoforte e che all’ultimo minuto aveva deciso di unirsi a noi per andare in Giappone. Si erano dati appuntamento all’ingresso dello Yodobashi, anche se di ingressi ce ne erano ben sette! Tuttavia dopo aver dato indicazioni precise e aver atteso un altro po’ di tempo finalmente ci ha raggiunti…
Una delle strade di Akihabara |
Così ci siamo mossi per visitare Akihabara che di notte assume un fascino molto particolare. Anche qui i cartelloni pubblicitari affissi alle pareti dei palazzi la fanno da padrone, ma rispetto Shinjuku la pubblicità riguarda i fumetti e i videogiochi, creando quella suggestione che solo il moderno Giappone ricorda. Appena individuato mi sono soffermato in uno dei negozi di fumetti, avendo promesso ad un amico un manga giapponese ben specifico di cui ora non ricordo il nome. Non ero molto fiducioso di trovarlo anche a causa delle difficoltà comunicative, tuttavia seppur il commesso non conoscesse l'inglese è bastato il semplice nome per intenderci e mostrarmi i manga giusti da scegliere. Missione compiuta, avevo fatto il mio primo acquisto senza troppe difficoltà!
Per cena abbiamo trovato un locale molto economico, contrariamente a quanto si possa pensare in Giappone è possibile mangiare con poco meno di 5€. In questo locale infatti si ordinava il pasto pigiando il tasto di una macchina elettronica posta all’ingresso del locale. Si paga come se si stesse scegliendo un pacchetto di sigarette e invece del prodotto esce uno scontrino da presentare ai cuochi. Il risultato è un pasto a buon mercato con acqua a volontà compresa nel prezzo.
L'insegna del Maid café dove siamo stati |
Il maid café
Dopo cena una delle proposte saltate fuori era quella di visitare un maid café, ossia un locale dove delle ragazze vestite da cameriere vittoriane intrattengono i clienti. Ne trovammo uno a pochi passi da dove avevamo cenato, richiamati da una graziosa signorina che ci invitava a salire. La curiosità era tanta, così giunti al primo piano ci siamo trovati all'interno di un appartamento addobbato come in una festa per bambini: palloncini, tavoli e pareti colorate davano un'impressione a primo impatto disarmante. Le ragazze ci hanno accolto con un caloroso saluto e noi un po' imbarazzati ci siamo seduti. In un maid cafè le ragazze ti salutano con un: «Benvenuto padrone!» ovviamente in giapponese, ma pur sempre una cosa di per sé sconcertante. Poi ci hanno mostrato il menù chiedendoci se era nostra intenzione restare un'ora o più: noi accettammo per un’ora. Nonostante l'assurda atmosfera infantile e la sottile sensazione di vivere dentro un manga nel locale non c’era neanche un turista, solo giapponesi: c'era un gruppo di ragazzi incuriositi dalla nostra presenza, una coppia e delle persone adulte. La domanda che mi ponevo era: come mai questa gente sceglieva di passare del tempo in un posto così assurdo? Avrei capito se si stesse trattando di adolescenti, ma una coppia adulta che ci faceva lì?
All'arrivo della bevanda la cameriera ha chiesto a ciascuno di noi di seguirla in una sorta di giochetto. Ci ha chiesto di formare un mezzo cuore con la mano destra e poi con la sinistra, concludendo con un sorriso di felicità. Questo gioco ridicolo rientrava nello spirito che le regole del locale giustamente imponevano. Poi è cominciato lo spettacolo vero e proprio e una delle ragazze si è posizionata sul palchetto e ha iniziato a cantare in playblack. Se non fossimo stati in Giappone quello spettacolino non mi avrebbe destato alcuna curiosità, ma essendo quello il contesto ammetto d’esserne rimasto affascinato. Questa ragazza che si muoveva sul palco mi ricordava il cartone animato giapponese Creamy dove una ragazza vestita proprio come una maid, cantava sui palchi. Ma non solo, l'atmosfera manga, il sottile erotismo degli abiti succinti che contrastavano con l'immagine pudìca delle giovani donne erano un mix parecchio affine all'essenza della cultura giapponese. Al termine dello spettacolo, un gruppo di persone adulte che stava per andare via aveva richiesto una foto con le ragazze. Le persone venivano invitate a fare il gesto del cuore o a disporsi in posa fanciullesca. Un po’ imbarazzati, i clienti hanno seguito le istruzioni. Avremmo voluto fare anche noi una foto, se non fosse dipeso dal fatto che chiedevano una cifra eccessiva, qualcosa come 15€.
Dopo cena una delle proposte saltate fuori era quella di visitare un maid café, ossia un locale dove delle ragazze vestite da cameriere vittoriane intrattengono i clienti. Ne trovammo uno a pochi passi da dove avevamo cenato, richiamati da una graziosa signorina che ci invitava a salire. La curiosità era tanta, così giunti al primo piano ci siamo trovati all'interno di un appartamento addobbato come in una festa per bambini: palloncini, tavoli e pareti colorate davano un'impressione a primo impatto disarmante. Le ragazze ci hanno accolto con un caloroso saluto e noi un po' imbarazzati ci siamo seduti. In un maid cafè le ragazze ti salutano con un: «Benvenuto padrone!» ovviamente in giapponese, ma pur sempre una cosa di per sé sconcertante. Poi ci hanno mostrato il menù chiedendoci se era nostra intenzione restare un'ora o più: noi accettammo per un’ora. Nonostante l'assurda atmosfera infantile e la sottile sensazione di vivere dentro un manga nel locale non c’era neanche un turista, solo giapponesi: c'era un gruppo di ragazzi incuriositi dalla nostra presenza, una coppia e delle persone adulte. La domanda che mi ponevo era: come mai questa gente sceglieva di passare del tempo in un posto così assurdo? Avrei capito se si stesse trattando di adolescenti, ma una coppia adulta che ci faceva lì?
Quando siamo andati via da quel locale mi sentii un po' frastornato. Sapevo di aver vissuto un'esperienza unica, quasi irripetibile vista la distanza culturale e geografica del paese. Ma comunque un qualcosa di divertente e inusuale.
Per concludere la serata siamo andati a Roppongi, il quartiere dei divertimenti, dove abbiamo preso una birra in un pub. L'unica cosa che abbiamo avuto modo di vedere è stato lo scorcio della famosa torre di Tokyo, molto simile alla Tour Eiffel.
La torre di Roppongi |
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