mercoledì 28 agosto 2013

La crisi europea come esperimento socio-economico


29 luglio 2012

Quando si sostiene una tesi "sovversiva" è necessario valutare i fatti con estrema chiarezza e ponderazione onde evitare d'essere tacciati banalmente di complottismo. La tesi che esporrò è sostenuta da diverse voci dissonanti che considerano l'attuale crisi dell'Europa come puramente voluta e non frutto di una particolare congiuntura. Ma come si fa a sostenere che qualcuno abbia interesse nel portare sul lastrico intere popolazioni col beneplacito dei governi? Se non è sovversiva questa tesi, quale dovremmo sostenere?
Partiamo da lontano, da una valutazione che tanto strana non è: tutti ormai accettiamo l'idea che i governi siano fortemente influenzati dall'economia. Non stiamo semplicemente parlando di quanto i mercati accettino o meno il gradimento di un governo, quanto dell'influenza reale che essi esercitano. Il governo statunitense palesa questo legame e lo regolamenta attraverso le donazioni ai partiti durante le campagne elettorali, mentre in Europa questo processo è più subdolo. Non esiste un vero e proprio finanziamento ma una pressione che destituisce governi (come quello Berlusconi), impone l'acquisto di armi (come nel caso del debito greco) e apre fronti di guerra con l'ipocrisia umanitaria (vedi la Libia). Anche le misure economiche dei governi europei col finanziamento alle banche in perdita con tassi dell'1% e il successivo prestito ai governi al 7%, rientra in un'operazione di convenienza per le lobbies finanziarie. Per non parlare poi delle misure fiscali comunitarie atte a contenere il deficit di bilancio: un compito a casa privo di misure comprensibili per il cittadino come lo smantellamento delle protezioni sociali, la riduzione dei finanziamenti alla sanità, alle scuole e alle università. Queste misure comuni a tutti i paesi mediterranei che l'Europa della BCE ci impone come diktat, hanno una "strana" rigidità assolutamente depressiva.
Quando in tempo di crisi si decidono politiche di contenimento di bilancio inevitabilmente si fanno dei "morti" sul campo perché certe misure è più saggio adottarle in tempi di crescita economica quando i margini di manovra sono favoriti dagli introiti del PIL. In una situazione attuale, stringere la cinghia senza prevedere nessuna misura per lo sviluppo suona decisamente strano!

Questa realtà (a mio avviso) non è dettata dal caso o da una logica incomprensibile ma da una volontà esplicita di certe lobby economiche. Non è oggetto di discussione di questo articolo analizzare gli eventuali interessi, quanto di valutare i possibili effetti sociali che questo comporta.
Un primo vistoso effetto (almeno in Italia) è la diminuzione dei consumi di energia elettrica, sia per il boom di rinnovabili ma soprattutto per la diminuita richiesta di energia. Il risultato è che le centrali elettriche viaggiano a bassa produzione e di conseguenza a bassa emissione. La disoccupazione, i bassi salari e le difficoltà fanno rivedere l'intero stile di vita di molte persone. Aumenta il numero di coloro che usano la bicicletta per fare fronte al costo della benzina. Si evita di sperperare il denaro acquistando il superfluo e si riscoprono mestieri dapprima perduti, c'è chi si dedica all'agricoltura, chi all'artigianato o ad altri lavori manuali. Insomma si rivedono le vite seguendo un modello di ponderazione dopo anni di eccessi consumistici e sperperi.

L'economia di guerra, come quella che vive attualmente la Grecia, oltre ai mali inevitabili come l'alto tasso di suicidi e le migliaia di drammatiche storie, sta portando i greci a una nuova consapevolezza di se stessi e del loro ruolo nel mondo.
Questa forzata operazione di riflessione interiore, proprio come l'esperienza tragica della guerra, genera una coscienza collettiva importante. Il nostro stile di vita sprecone, tipico dei paesi di area europea, contrasta enormemente con la sobrietà delle nazioni del nord Europa. Questa lezione è fortemente educativa e ci obbliga a dare valore a ciò che fino ad oggi non abbiamo sufficientemente valorizzato. Una forzata revisione dei consumi, l'abbattimento delle cattive abitudini, il riciclo e il riutilizzo, sono il prezzo positivo che pagheremo. Ma c'è di più, questa crisi farà emergere la secolare esperienza degli europei nella capacita di sopravvivere. Ci farà sperimentare (grazie ad una spiccata sensibilità ecologica) nuovi strumenti per rendere le esistenze sostenibili. D'altronde le punte avanzate della green economy hanno tutte un know how europeo. Le centinaia di esperienze sociali ed economiche: slow food, le transition town inglesi, le coltivazioni biologiche, il commercio equo e solidale, ecc. sono work in progress con un forte radicamento nella nostra cultura europea.
Forse solo nel nostro continente potevano nascere tante iniziative, tanti mezzi nuovi per vivere con poco e distaccarsi dolcemente dalla dipendenza dal petrolio e dalla finanza globale.

In questo quadro fosco l'Europa con la sua cultura millenaria, la sua esperienza e la sua sensibilità potrebbe riagguantare le redini culturali per spingere il mondo verso un futuro diverso. Il nostro esempio che in questo caso sta diventando la punta avanzata di ciò che il mondo dovrà affrontare nei prossimi decenni, avrà un effetto incisivo. Così se il declino economico e politico dell'Europa è qualcosa di palesato, quello culturale forse potrebbe essere ben più difficile da sottovalutare, ma anzi potrebbe emergere in misura preponderante in un mondo non più come una volta.

2 commenti:

  1. Semplicemente bisogna accettare che nulla avviene casualmente. Tutto ciò che accade e che accadrà, e sempre stato voluto, e la responsabilità dell'esperimento è tanto di chi esperimenta quanto delle cavie dormienti che si lasciano controllare dall'osservatore curioso.

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