sabato 18 agosto 2012

Quel senso di inadeguatezza

19 ottobre 2011
Una delle caratteristiche peculiari della struttura neuronale del nostro cervello è senza dubbio la capacità plastica, ossia quella capacità di adattarsi ed evolversi in base alle condizioni di vita cui è sottoposto. Per questa ragione dopo un certo lasso di tempo ci adattiamo a tutto (o quasi): il carcerato alle condizioni di prigionia, lo sfollato a vivere in una baracca, il licenziato a cambiare lavoro, il precario a subire le dure regole contrattuali e così via. Ci adattiamo dunque, magari dopo aver attraversato una fase intermedia di stabilizzazione e sofferenza, raggiungendo alla fine un nuovo stile di vita. Ma se per un attimo riuscissimo a rompere la consuetudine con cui ci adattiamo a ciò che avviene quotidianamente magari riusciremo ad avvertire, con vivida consistenza, un sentimento forte che emerge in fondo ad ognuno di noi: quello dell'inadeguatezza.
E' incredibile pensare come dopo una miriade di scandali, più o meno gravi, più o meno fondati questa classe politica continui indisturbata a perpetuare se stessa. Non parlo solo del governo Berlusconi che ci indurrebbe ad intraprendere un discorso di parte, ma della politica tutta. Se la guardiamo nella sua interezza, se confrontiamo ciò che dicono, ciò che fanno, ma soprattutto come si rapportano al cittadino comune, non possiamo non giungere alla conclusione che essi siano inadeguati e che solo la nostra capacità di sopportazione-adattamento ne consente il tacito mantenimento.
Se valutiamo quanto sta accadendo all'economia globale dopo il crollo del 2007 emerge chiaramente come i grandi finanzieri “giochino” con i soldi dei cittadini ricattando gli stati nazionali, condizionandone le politiche e le nostre vite, continuando tuttavia ad agire indisturbati. Abbiamo ormai tutti compreso come siano proprio loro la principale causa del caos economico, forti di una colpevole anarchia legislativa in campo economico. Per questo motivo il capitalismo odierno è palesemente inadeguato.
Qualche giorno fa ho acquistato in uno Starbucks un cappuccino, che (ahimè) ti servono in un bicchiere di carta chiuso da un coperchio di plastica. Sedutomi al tavolo ho aperto il coperchio e l'ho gettato via: durata media del suo utilizzo 30 secondi. Sicché ho pensato (vincendo l'adattamento che il mio cervello fa a certi gesti quotidiani) ciò che sarebbe avvenuto a quel pezzo di plastica. Nel migliore dei casi verrà riciclato o forse finirà in una discarica o incenerito dopo una vita utile di pochi secondi. Questa impostazione culturale che fissa negli oggetti un rapporto di usa e getta determina ovviamente un spreco mostruoso di energia che si ripercuote nella sostenibilità dell'ambiente. Estendendo questo discorso a migliaia di altri esempi che costituiscono poi il paradigma della nostra epoca, non si può non giungere ad un gravoso senso di inadeguatezza.
In passato abbracciando gli idealismi, le filosofie e le religioni abbiamo sperato in un mondo migliore, oggi delusi dal fallimento di tutti quei principi che hanno mostrato limiti e storture, ripiombiamo nell'incapacità di prendere posizione perché non ne vediamo più una... Così sopravviviamo accettando con stoica rassegnazione quanto ci viene imposto da altri. Accettiamo pure il ritorno alle regole ottocentesche imposte dalla FIAT di Marchionne, la precarizzazione delle esistenze dei più giovani, la volgarizzazione del linguaggio comune, la apar. idee alstmoderna, l'imbarbarimento collettivo degli italiani, l'ansia come regola di vita, la sfiducia aprioristica verso il prossimo e via discorrendo… Ci siamo adattati senza battere ciglio, accettando tutte le contraddizioni e le assurdità di questa epoca contemporanea. Ma se per un attimo usciamo dagli schemi precostituiti del nostro cervello forse riusciremo ancora a percepire quanto la nostra vita stia cadendo verso l'infelicità, ma soprattutto verso un'inconsapevole senso di inadeguatezza.

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