sabato 24 dicembre 2011

Sicilia Fotografica



Si è scritto a sufficienza della Sicilia, si è parlato a perdifiato, si sono girati film, documentari e reportage fotografici tra gli scorci di un borgo antico, di una chiesetta barocca o di una periferia degradata. Di certo le immagini siciliane soffrono di stereotipi, di volti fin troppo tipici e panorami quasi sempre soleggiati; eppure è ancora possibile raccontare gli altri luoghi di una terra dalla memoria corta: “Sicilia Fotografica” è il sito internet di un’isola inconsueta che grazie all’obiettivo puntuale di Diego Barucco rivive al suo interno un’identità pregnante. Da una passione per il passato è nato quindi un luogo virtuale pieno di immagini finemente commentate dallo stesso autore che non nasconde una personale predilezione: “…i luoghi che amo più frequentare e scoprire sono quelli dove più di ogni altro si respirano antiche storie oggi dimenticate, quei luoghi abbandonati dove la memoria ormai viene a mancare e tuffarsi nella fantasia diventa un piacere incalcolabile.”

Graffiti di Caratabia
Emerge cosi una Sicilia senza tempo, fatta di luoghi genuini, non ancora invasi dalla soffocante avanzata del turismo di massa. Ma da una piacevole genuinità si ravvede anche la triste consapevolezza del disinteresse collettivo, complice la solita Amministrazione di turno ma anche l’inguaribile indifferenza degli isolani… Così navigando tra i reportage fotografici, scopro l’esistenza dei meravigliosi graffiti di Caratabia, uno dei pochi esempi di un’arte sicula già contaminata dalla cultura greca; due grotte che trasmettono il messaggio di un popolo, per certi versi ancora oscuro, tramite le antiche figure di cavalli, cinghiali e cervi. Giungendo invece tra le campagne rosolinesi, fra le pareti scoscese di Cava Lazzaro sono ancora ben conservati dei bassorilievi geometrici di ben 4000 anni, davanti una tomba che porta il nome del grande archeologo Paolo Orsi, ma che appartiene alla scomparsa civiltà di Castelluccio. E che dire della miniera asfaltifera di Monte Renna, luogo in cui s’estraeva quel bitume che ancora oggi emerge in piccoli rivoli dal sottosuolo; una miniera di cui restano solo le poche rovine di edifici cadenti e le ampie gallerie abbandonate agli inizi del 900, quando l’attività perse la sua importanza. Questo luogo così suggestivo potrebbe divenire assieme ad altri siti dimenticati il richiamo intelligente di quel turismo fin troppo chiacchierato. Sicché con lo stesso spirito si scopre come tra gli affreschi dell’oratorio rupestre di San Pietro a Buscemi, i vandali e il pascolo degli animali domestici abbiano deturpato la testimonianza di un’epoca storica di transizione; e che dire del misterioso castello di Ossena, ricoperto dalla vegetazione e dall’incuria, abbandonato alla decadenza del tempo.

Abitazione rupestre di Ossena
Sono molti i luoghi della nostra terra dimenticati persino dagli studiosi, luoghi che singolarmente ricostruiscono le nostre antiche radici restituendo l’emozione di millenni. Per questo motivo come un moderno viaggiatore del “Grand Tour” tra i fasti in rovina di un presente distratto, i navigatori indomiti oltre a gustare la bellezza di immagini da conservare per sé (contribuendo così al sostentamento del sito), possono confrontarsi con coloro che quei luoghi li hanno visitati davvero. In questo modo è possibile regalarci un nuovo tassello di Sicilia, nella speranza d’aver contribuito almeno per una volta a costruire un rispetto verso noi stessi di cui pian piano aspireremmo a riappropriarci.

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