mercoledì 29 giugno 2011

Sul declino culturale ed etico degli elettori di destra

28/3/2010

Si parla in genere del declino della politica, dell’assenza di un ricambio di esponenti e di un generalizzato impoverimento della classe dirigenziale del nostro paese. Questo aspetto di per sé importante e fin troppo dibattuto, nasconde in realtà il declino del proprio elettorato. E’ noto il carattere clientelare e fin troppo indifferente alle regole dell’italiano medio, carattere che da sempre si è rispecchiato nella classe politica che ci ha governato negli ultimi 150 anni. Ma volendoci soffermare proprio sulle differenze distintive dell’elettorato odierno, si evince una macroscopica divergenza tra elettorato di sinistra e di destra; una differenza assolutamente tangibile ogni qual volta capita di confrontarsi con gente comune. Parliamo dunque di persone senza particolari legami con la politica di mestiere o interessi tali da inficiare il valore delle proprie affermazioni: persone comuni, appunto, che hanno maturato una propria idea attraverso i vari canali di comunicazione o il retaggio culturale suggerito da amici, familiari e status sociale. 

Se un elettore di sinistra ha, soprattutto negli ultimi tempi, un’evidente disincanto nei confronti del proprio schieramento, quello di destra non mostra tale evidenza, o se lo mostra esso viene espresso in misura molto minore. Sui primi infatti pesa l’esperienza disastrosa dei vari governi Prodi e D’Alema succedutisi negli ultimi quindici anni, esperienza da cui hanno riscontrato le enormi incongruenze dei rappresentanti politici: la litigiosità, l’incapacità nell’interpretare le esigenze degli elettori, ma anche l’assenza di una dialettica adeguata e di un’idea che possa coagulare il vuoto ideologico post-comunista. Tutti questi elementi hanno pesato fin troppo nella coscienza collettiva degli elettori di sinistra, così gli eredi politici di Berlinguer sono riusciti a far estinguere quello che in passato era il più grande partito comunista europeo; per non parlare del fallimentare progetto del PD e del suo ruolo, ormai chiaro, nel mantenere in sella l’anomalia di Berlusconi. Tutto ciò sembra essere stato acquisito in misura talmente chiara da determinare fenomeni spontanei di critica: l’ascesa repentina di Italia dei Valori, il fenomeno dei Grillini, dei Girotondini, del Popolo Viola e di una galassia di altri movimenti più o meno determinanti nel dibattito interno allo schieramento. Pertanto a sinistra è molto più facile trovare un elettore che con lucida consapevolezza punti il dito sul suo partito di appartenenza: magari lo vota torcendosi il naso o sceglie di non votarlo completamente. Inoltre si aggiunge, in molti di essi, una minima conoscenza di fatti, circostanze ed eventi che motivano la loro scelta critica o la loro adesione: chi argomenta un sostengo antiberlusconiano, chi non vuole rinunciare al proprio diritto di voto, o chi sentendosi tradito sceglie appunto Di Pietro o persino la Lega (come avvenuto presso gli operai del nord Italia).

Ciò che si manifesta a destra invece è assai diverso. Dalle ceneri dell’MSI era nato AN, attraverso un percorso che aspirava a far divenire quel partito una destra europea con ideali di patria e giustizia, provando anche a lasciare alle spalle gli strascichi dell’ultimo fascismo sotterraneo in seno al partito. Poi però è arrivata l’esplosione di Forza Italia e del berlusconismo, attraverso una visione pragmatica di fare una politica e assai diversa da quella di AN. Gli elettori di FI si identificano subito nel carisma del loro leader, accettandone i pregi ma soprattutto le differenze con i politici della vecchia stagione. A un certo punto è avvenuta la fusione tra i due partiti e coloro che per princìpi o per retaggio culturale non avevano mai votato FI, improvvisamente si ritrovano un nuovo leader. La logica vorrebbe che un elettorato di destra che non si riconosca nella figura e nello stile di Berlusconi e scelga di non votarlo: un po’ come immaginare un comunista che sia costretto improvvisamente a votare Veltroni per assenza di un partito di rappresentanza. Ma gli elettori scelgono di appoggiare comunque la fusione tra due partiti e le due identità, proprio come si vede dai risultati elettorali. Ma soprattutto, gli ex AN accettano che Fini finisca col diventare un semplice subalterno a Berlusconi, avallando leggi e comportamenti del tutto estranei alla precedente identità. Così muore improvvisamente quello spirito legalitario con cui si erano formati i predecessori: basti pensare che Falcone e Borsellino votavano MSI e oggi sembrano diventati un “patrimonio” della sinistra. Questi principi infatti sono stati cancellati e sostituiti da un’ondata di accuse più o meno fondate contro la magistratura, ma cosa davvero più grave, contro la legalità. L’accettazione tacita da parte dell’elettorato di leggi antropologicamente contrarie alla natura originaria di AN come: l’indulto, la prescrizione breve, il falso in bilancio, i condoni e non da meno la candidatura di politici condannati con sentenze definitive, rende la situazione ancor più stridente. 
Ma lasciamo gli ex AN per passare agli elettori di FI. Le statistiche ci dicono che gli elettori di Forza Italia sono un ventaglio di categorie sociali differenti: liberi professionisti, imprenditori, ceti economicamente bassi e di bassa istruzione, ma anche cattolici e aderenti alle forze dell’ordine. Tutte queste categorie sono accomunate da interessi individuali che li portano a considerare Berlusconi come qualcuno che molto banalmente: «Non aumenta le tasse come fa la sinistra» frase ricorrente e parzialmente falsa. Altri candidamente dichiarano di avere un vantaggio dai condoni: «L’importante è che faccia il condono edilizio, così posso sanare la mia casa.» Questa è una risposta avuta da un collega di lavoro, risposta che certamente accomunerà alcuni professionisti come geometri e ingegneri, i quali ne traggono un diretto vantaggio. Ma ci sono altri liberi professionisti che sostengono Forza Italia, ossia chi era divenuto bersaglio del fisco e delle liberalizzazioni di Bersani: avvocati, dentisti, medici ecc. Anch’essi dichiarano di avere un giovamento dalla destra piuttosto che dalla sinistra. Saltiamo le forze dell’ordine, che ovviamente non potrebbero trovare diversa collocazione politica, per giungere alle fasce medio-basse. Molte di esse, a ragione, hanno ottenuto dei vantaggi fiscali che la sinistra non è stata lontanamente in grado di attuare e per questa ragione, votano ciò che considerano il meno peggio. Ma ovviamente in questa fascia di persone si nascondono anche coloro che, per mancanza di istruzione o per opportunismo trovano un’adesione incondizionata. Parlo non solo di chi fonda la propria intenzione di voto sulle mezze notizie ottenute dalla TV (casalinghe, pensionati, disoccupati con basso tenore di vita ecc.), ma anche di chi, soprattutto a sud, vende il proprio voto con modalità clientelari. Tutte queste categorie, che costituiscono l’elettorato di destra, hanno ottenuto un vantaggio dalla loro scelta. Vantaggio che li ha portati nel tempo a considerare il loro leader come una persona esente da errori. Così si nota curiosamente che quasi tutti gli elettori di destra tendano a non accettare le critiche mosse sull’operato di Berlusconi; oppure provano a controbattere usando frasi molto simili (quasi standard) usate dai politici di destra, senza però riuscire a sviluppare un discorso efficace. L’assenza di efficacia nei discorsi di difesa, accomuna le persone di bassa cultura ma anche le persone di media e alta istruzione. In molti casi si riscontra una carenza di informazione sia che si parli di leggi, vicende politiche, ma anche nel sostenere argomenti come: lo sviluppo o meno di inceneritori nel territorio, il sostegno o meno al nucleare ecc. In tutti questi casi è assai facile incappare in persone disinformate, o informate parzialmente dalla TV e senza aver mai avuto un personale approfondimento delle tematiche d’attualità. Inoltre un elemento riscontrato più volte è l’assenza di uno spirito sociale. Se si parla ad esempio della precarizzazione del lavoro o delle leggi contro gli immigrati, si riscontra candidamente un disinteresse delle persone di destra perché (a detta loro) non toccati da quelle tematiche. Oppure, si accetta anche la possibilità che lo stesso Berlusconi possa aver commesso qualche reato, perché come si dice in genere “rubano tutti” o ancora una volta perché a loro questo aspetto non li tocca da vicino. Ciò che è importante quindi per l’elettorato di destra, è il vantaggio immediato che ottengono individualmente…

La conclusione a cui si giunge pertanto è quella della disarmante consapevolezza che il declino culturale e sociale dell’Italia passi in larga misura da questo tipo di elettorato, che pensa solo al proprio tornaconto, che non si informa, non si indigna e non ha dunque a cuore le sorti della nazione. Certamente anche a sinistra esiste una fetta di soggetti che mostra dei requisiti alquanto simili, tuttavia come già affermato, esiste una coscienza critica che non accetta questo stato di cose. A destra tutto ciò manca e tale deriva etica, sociale e culturale determina poi il vistoso declino che soprattutto negli ultimi anni ha colpito ogni aspetto della quotidianità.

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