domenica 31 agosto 2014

Argentina 2013: Buenos Aires

Veduta della città dalla finestra della mia camera
La decisione di partire per l'Argentina era una di quelle idee che mi frullavano per testa da anni. C'era sempre stata un'attrattiva nei confronti di questo paese, un richiamo che prima o poi avrei dovuto assecondare per capire le ragioni di tale spinta. Ma la decisione di partire, in questo caso, è stata istintiva, una di quelle se si prendono non secondo una pianificazione mentale ma secondo una scelta imposta dalle sensazioni di quelle settimane. Il mio viaggio è stato di soli dieci giorni, dal 16 al 26 luglio 2013, quando abbandonando le torride temperature estive approcciavo con una stagione prettamente invernale.

A Buenos Aires non andavo solo per visitare un posto nuovo, ma anche per rivedere i miei zii che subito dopo la guerra erano partiti per l'Argentina alla ricerca di una vita migliore. Loro, siracusani d'altri tempi, considerano ormai quella terra la loro casa essendo circondati dall'affetto dei figli e dei nipoti. Tuttavia il legame con la città d'origine resta nelle immagini appese ai muri o nei discorsi. Ma la seconda generazione e la terza (figli e nipoti), possono essere considerati argentini a tutti gli effetti, non parlano l'italiano ma lo capiscono proprio come il dialetto siciliano, e l'assimilazione culturale sembra essere quasi completa salvo un retaggio più profondo. 
Quando sono giunto presso l'hotel dove risiedevo ho trovato i miei zii ad attendermi nella hall da almeno mezz'ora; faceva effetto vedere questa coppia di anziani che avevo visto raramente nella mia vita, a causa della loro lontananza, attendermi con grande pazienza. Ad ogni viaggio mi avevano visto crescere dalla fanciullezza sino alla maturità, ed oggi li avevo davanti in un rapporto parentale per me inedito. Così mi hanno “costretto” a venire a casa loro, anche se abitavano a 50 minuti dal centro (in cui mi trovavo), pochi metri dal famoso obelisco dell'avenida più larga del mondo, la 9 le Julio

Quale idea astratta avevo sempre avuto della loro casa: un'abitazione semplice, con un fazzoletto di terra e molta quiete. Essi abitano in Avellaneda un quartiere periferico a sud di Buenos Aires, uno di quei luoghi dove inevitabilmente percepisci il sapore del Sud America. 
I miei zii non hanno mai abbandonato realmente il legame con la madrepatria, anzi erano informatissimi sulle vicende del nostro paese attraverso la RAI e la lettura su abbonamento del Corriere della Sera. Mio zio mi mostrava con orgoglio d'essere aggiornato su tutte le vicende italiane e di seguire anche la politica con attenzione. Questa passione mi ha permesso di chiedere diverse cose sull'Argentina e di scoprire dalle sue parole una nazione che mantiene gli stessi pregi e virtù dell'Italia. D'altronde in una terra che vanta una metà di ex emigrati italiani ormai trapiantati, anche il carattere nazionale è stato forgiato su vistose similitudini.

Mio zio e di spalle mia zia
L'Argentina rispetto agli altri paesi del Sud America è considerato il più europeo di tutti. Questa critica benevola si manifesta in molte cose, ad esempio nella qualità dei servizi offerti. Il mio confronto è solo con la capitale e non col resto del paese dove sicuramente la vita è più vera. Ma a Buenos Aires in media i servizi, come i trasporti o i locali pubblici sono sufficientemente simili agli standard europei. Non c'è l'idea di un certo Sud America e forse è più nel mio immaginario trovarlo in una qualsiasi capitale di questo continente che altrove. Però ad esempio anche sotto l'aspetto della criminalità l'Argentina pur non essendo un paese tranquillo non soffre dei pericoli estremi di paesi come il Brasile, dove si rischia persino di beccare una pallottola per un nonnulla. I miei zii mi avevano avvertito sui rischi di furto in ogni angolo della città; un attimo di distrazione mi sarebbe stato fatale per perdere il cellulare o il portafogli. Anche gli standard ospedalieri sono molto europei, così come l'assenza di agglomerati enormi di favelas in cui neanche la polizia si arrischia ad entrare. Così un pensiero immediato mi è balzato, quello di essere di fronte ad un'identità marcatamente europea non troppo intaccata dalla cultura locale. In Cile o in Brasile, la colonizzazione si era scontrata con civiltà preesistenti e ben radicate, mentre in Argentina i popoli autoctoni erano più sparuti e senza una reale consistenza. Qualcuno ricorda una civiltà precoloniale argentina? Non so se la mia intuizione sia corretta, tuttavia potrebbe avere una certa legittimità. 
L'altro aspetto identitario su cui ho fatto caso è legato alla cura dei luoghi. Abbiamo già detto che pur essendo in Sud America gli standard di vita sono elevati, ma sussiste un'atmosfera da incuria generalizzata. Ad esempio le strade del centro soffrono di buche che neanche nella mia città ho visto. Voglio dire che a Siracusa si lascia correre sulla manutenzione delle strade, ma a Buenos Aires di più. I passeggini facevano lo slalom nei marciapiedi per evitare le buche. Le scivole per disabili raramente erano presenti agli angoli delle strade. Tuttavia se superficialmente si può pensare che tutto ciò dipenda solo dal carattere rilassato dei cittadini, non bisogna dimenticare che l'Argentina ha passato anni davvero bui, dove l'inflazione ha eroso i guadagni dei cittadini e il debito pubblico ha tartassato il paese. Pertanto la mia valutazione è molto inquinata da troppi elementi perturbatori di natura economica che falsano la percezione assoluta del paese. Anche per queste ragioni di natura strettamente economica molti edifici risultano essere trascurati e agli angoli delle strade tanti barboni si imbacuccavano per la notte anche nelle strada principali.

L'avenida 9 de Julio e i lavori di sistemazione delle corsie preferenziali dei bus
In pieno spirito sud americano gli argentini sono molto socievoli e aperti. Ma all'apposto hanno una cura di ciò che è pubblico abbastanza approssimativa, proprio come gli italiani. Durante la mia permanenza la via principale di Buenos Aires la avenida 9 de julio era soggetta a dei lavori di modernizzazione. Al centro stavano costruendo una via preferenziale per i bus con relative pensiline per le fermate. Questo immane lavoro avrebbe permesso un risparmio di diversi minuti nella percorrenza della lunga arteria da sempre fin troppo trafficata. Il giorno dell'inaugurazione della struttura mi sono trovato immerso in questa transizione. Infatti le fermate storiche dei bus erano state cambiate di posizione nelle nuove pensiline. Io che dovevo andare a casa dei miei parenti con tanto di riunione famigliare al completo ho incontrato un ritardo di parecchie ore. In pratica dalla fermata solita il bus non passava più e nessun cartello indicava questa variazione. Dopo una vana attesa di mezz'ora mi sono posto il dubbio se magari la fermata non fosse stata spostata: era così infatti. Tuttavia neanche gli addetti alle informazioni mi hanno saputo indicare con certezza dove dovevo andare. Alla fine la fermata c'era e il bus aveva cambiato percorso. 
Oltre ad un esempio come questo, di estrema imprecisione e superficialità c'è il rovescio della medaglia: un'estrema flessibilità che non sarebbe possibile laddove tutto funziona perfettamente. L'ultimo giorno, dovendo andare all'aeroporto per tornare in Italia avevo finito il credito nella scheda dei mezzi di trasporto. Per ricaricare è sufficiente andare in uno degli sportelli della metro e aggiungere il credito. Gli sportelli però non accettano carta di credito, così sono dovuto andare in un automatico e prendere dei contanti. Ovviamente il taglio minimo era troppo grande per pagare una semplice corsa, così quando ho mostrato quel taglio di moneta la stessa commessa mi ha detto che non aveva come scambiarmeli: vedendomi con la valigia mi ha fatto un favore, mi ha fatto passare gratis. Ovviamente questo bel gesto mi ha colpito e riflettendoci ho ricostruito anche un altro gesto che non avevo afferrato sul momento. La sera prima sono uscito per incontrare un'amica ma ero a corto di contanti. Nella zona in cui ci siamo visti non c'erano sportelli per prelevare così per l'intera serata sono andato avanti senza contanti. Al ritorno sapevo che avrei potuto eseguire il viaggio con gli ultimi spiccioli rimasti nel credito della scheda, senza accorgermi che in realtà avevo azzerato il credito (di cui mi sono accorto solo il giorno dopo). Alle tre del mattino salendo sul bus, ho avvicinato la scheda sullo scanner per farmi scalare il credito in base alla distanza percorsa. Ma quella volta era uscito uno strano suono, come se non l'avesse letta. Così ho provato e riprovato, ma nulla. Finché poi l'autista mi ha fatto il cenno di passare. Solo dopo ho capito che ero senza credito e che a quell'ora il gesto flessibile dell'autista mi ha evitato una situazione molto spiacevole. In effetti non avrei avuto alcun modo per tornare a casa se non a piedi, e chissà quante ore avrei impiegato!

Scorcio della zona turistica quartiere La Boca
La storia recente dell'Argentina somiglia molto alle traversìe di casa nostra. Durante gli anni della grande crisi economica (2001), quando la gente era scesa in piazza battendo le pentole in segno di protesta, la situazione era davvero al collasso. Mio zio mi ha raccontato di aver perso una bella fetta di risparmi, mangiati da un'iperinflazione che in poche ore mutava i prezzi e per questa ragione mi chiedeva di cambiare i miei euro con i pesos. In quei frangenti il paese era sotto le mani del Fondo Monetario Internazionale che ha dettato legge fin quando la nazione ha ripagato i crediti con le esportazioni. Tale situazione economica era anche un modo con cui gli Usa per anni hanno tenuto sotto controllo l'intero Sud America contenendo anche le spinte a sinistra del continente. Non c'era solo il ricatto economico, in passato le atroci dittature avevano sradicato il peronismo e i rischi di derive anticapitaliste. Recentemente, un po' come avvenuto in Italia con la Destra e la Sinistra, anche l'Argentina ha conosciuto gli effetti devastanti delle politiche neoliberiste con la svendita del patrimonio industriale strategico. Il doppio mandato del peronista Carlos Menem ad esempio ha letteralmente svenduto il paese. Il petrolio, le industrie e tutti i servizi strategici sono stati privatizzati adducendo l'esigenza di doversi aprire al mercato e di poter abbattere le tariffe. Invece è avvenuto il contrario, le aziende sono state acquisite dagli stranieri e molte di esse accorpate o ridimensionate in modo da eliminare il concorrete scomodo. Il problema è che queste menzogne vengono perpetrate anche oggi in Italia, con la scusa della crisi, che è poi il miglior modo per agire mettendo in ostaggio la razionalità. Alla fine quindi a causa della facile corruzione che colpisce ogni aspetto della società, come in Italia, l'Argentina vive il nostro stesso sentimento di malvessazione.

Targa per Evita Peron nella tomba
Gigantografia di Evita in una via del centro

La città di Buenos Aires di per sé non possiede grandi bellezze da visitare. Gli edifici sono una copia degli stili europei e ciò che si vede in giro è più la rappresentazione di eventi importanti che il paese ha vissuto. La tomba di Evita Peron ricorda un'epoca politica fondamentale per l'Argentina. Mentre il simbolo dei fazzoletti legati al capo (che tristemente resta stampigliato nel pavimento di fronte la Casa Rosada) l'immagine delle madri di Plaza de Mayo che durante e dopo la dittatura di Videla cercavano notizie dei figli desaparecidos. Ma c'è anche la Buenos Aires di Bergoglio che percepisci in alcuni cartelloni elogiativi o nella chiesa madre a Plaza de Mayo (dove egli era vescovo) e di coloro che mi hanno detto di averlo conosciuto come una persona buona nell'animo. Oppure il richiamo retrò del quartiere della Boca, dove i miei zii hanno vissuto poverissimi non appena sbarcati dall'Italia e che oggi è solo un'area di attrazione turistica. Una città che vive su una cultura immateriale, per chi la comprende, eccetto per la libreria più bella che abbia mai visto: El Ateneo, posta all'interno di un ex teatro i cui spazi espositivi odorano di una bellezza che strizza l'occhio all'erudizione di Borges.
Quando approcci ad un paese occidentale come l'Argentina comprendi anche che le eccellenze artistiche, salvo qualche eccezione, nascono all'interno di un ambiente stimolante. L'Argentina non ha mai avuto spinte avanzate in ciò. Mentre nell'Europa di una volta il fermento era evidente dei dipinti o nell'architettura. Negli altri paesi invece si inseguiva il gusto preponderante e l'inventiva altrui.

Il balcone della Casa Rosada dove Evita teneva i comizi sulla Plaza de Mayo
Plaza de Mayo

Il carattere degli argentini è molto aperto e simile a quello degli italiani, solo che gli argentini possono essere considerati degli italiani allegri, con quell'inevitabile influenza sudamericana che caratterizza il loro modo d'essere. Chiunque di loro manifesta una spiccata apertura verso gli altri, per non parlare del fatto che ovviamente gli italiani sono di casa perché tutti o quasi hanno qualche legame con la nostra nazione.
Proprio come gli spagnoli gli appuntamenti non sono mai precisi e hanno quasi sempre una tolleranza di mezz'ora cui bisogna adeguarsi. Però la fiesta è sempre ben accetta e nelle varie occasioni dove ho frequentato i meeting di Couchsurfing o gli incontri con persone già conosciute, la sensazione è stata sempre molto amichevole, come pochi luoghi sulla terra mi hanno dato. In effetti in quei momenti non mi sentivo in un altro continente, con una lingua diversa, ma quasi a casa perché il temperamento e l'approccio è davvero simile. Tuttavia anche qui come in Spagna questo eccesso di apertura contrasta con la fedeltà delle parole. Molti manifestano un'immediata simpatia, si prodigano per te, concedono il proprio numero o il contatto su Facebook. Ma alla fine non significa che ci si possa fidare. Molti dichiarano di essere amici, ma poi quando li cerchi non rispondono neanche ai messaggi. Una delle cose che più mi ha colpito è stata la spontanea dichiarazione di un italiano che da anni vive in Argentina. Egli organizzava serate nei bar e feste. La sua era una vita molto legata alla vita notturna, quindi anche da un certo target di gente. Egli quindi conosceva molte persone e molte donne ma lamentava il fatto che tante ci stanno, ma poche restano per un rapporto serio. Lui lamentava proprio questo, l'impossibilità di costruire qualcosa con un'argentina. Egli avrebbe preferito delle italiane con valori un po' più saldi rispetto a ciò che vedeva attorno a se.

Una delle librerie più belle al mondo: El Ateneo
Un'altra caratteristica che dall'esterno reputo alquanto ridicola è la fissazione assurda degli argentini con la questione delle Malvinas. Chiacchierando con un parente argentino, egli affermava con convinzione che le isole appartengono all'Argentina non solo per ragioni storiche ma anche per ragioni geologiche, in quanto collegate al continente: un'idea che solo un professore di geografia poteva avere! Mio zio, ben più smaliziato considera la questione parecchio ridicola e mossa più che altro da uno spirito irrazionale. Le Falkland furono conquistare militarmente dall'Inghilterra nel 1833 scippandole all'Argentina che da allora le rivendica. Poi vi fu la figuraccia dei militari durante la guerra delle Falkland che fortunatamente fece anche cadere la dittatura di Videla ormai screditata. Ma da allora vengono utilizzate come leva elettorale. Persino la presidente Kirckner utilizza questa leva, tanto che durante una mia visita alla Casa Rosada, compariva un'immagine con le isole nella bandiera argentina, mentre la gente si alternava facendosi una foto. Ma mio zio dice che la questione è finta e che se anche l'Argentina arrivasse a possederle poco cambierebbe per il paese e in pochi andrebbero a vivere in un posto sito al largo della Patagonia, freddo e ventoso.

Graffito nel quartiere de La Boca
Pochi i riscontri culinari in Argentina. Solo una volta mi sono concesso una bistecca alla brace, cucinata in modo approssimativo da un mio parente, le cui parti bruciacchiate mi facevano orrore per l'alto grado di cancerogenicità ignorata dagli altri. Avendo una scarsa propensione nel mangiare carne l'Argentina di certo non era il miglio posto per me. In fondo i cibi totalmente vegetariani scarseggiano, salvo raramente trovare delle empanadas, cioè una sorta di calzoni ripieni di pollo o carne rossa. L'equivalente dei rustici siciliani, onnipresenti e molto economici.
Riguardo alla lingua, l'argentino rispetto allo spagnolo di Spagna include diverse parole prese a prestito dall'Italiano. A distanza di un anno non saprei ricordare le molte parole riscontrate, ma è indubbia l'influenza anche nei cognomi. 
Apparentemente poca è anche la sensibilità verso le energie rinnovabili: mai visto un pannello fotovoltaico, e quando al mio parente ho parlato del mio impianto fotovoltaico o di un pannello solare per l'acqua calda, mi ha guardato stupito. La sensibilità europea in questo è davvero più avanti. Tuttavia c'è una sensibilità che gli argentini mantengono quasi a contrastare la nostra villania. Quando si attende l'autobus in una fermata ci si dispone in fila e si sale mantenendo quell'ordine di arrivo, il che rende tutto molto ordinato e rispettoso. Ben diverso rispetto alla calca che spontaneamente si crea all'arrivo di un mezzo pubblico. Inoltre c'è un ferreo rispetto degli anziani e delle donne con bambini, le quali hanno sempre avuto ceduto il posto da parte di un passeggero. Un'abitudine che in Italia tende sempre più a scomparire. Insomma c'è sempre a imparare viaggiando, anche da un paese che reputiamo del terzo mondo.

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