4 novembre 2011
Che la sinistra italiana soffra da lungo tempo di una crisi è ormai assodato, il problema è inquadrare la sua crisi e darsi qualche risposta (come suggerirebbe Marzullo). Crollato il muro di Berlino e terminato il comunismo in Russia, la sinistra italiana gioco forza è cambiata. Abbandonando gli schemi desueti di un'esperienza fallimentare ha dato una sterzata, ma si è appiattita verso posizioni liberiste e cattoliche: insomma per raccattare voti è diventata quello che non sarebbe mai stato immaginabile, un'accozzaglia di idee senza direzione. Da questo mutamento storico resistevano le posizioni anacronistiche dei vari partiti comunisti, che grazie alla loro incoerenza hanno perso il treno operaio regalandolo alla Lega e persino a Berlusconi una valanga di voti. Si aggiunga poi l'indisciplina dei singoli componenti che ai tempi del governo Prodi affermavano una cosa e ne facevano un’altra, giungendo persino a manifestare contro la propria maggioranza: un disastro totale, e per queste ragioni, fortunatamente sono andati a casa i vari Caruso, Cossutta, Turigliatto, Diliberto ecc.
Grazie alla furba manovra elettorale del PD, alle scorse elezioni ci si è liberati della “zavorra” dei partiti estremi, lasciando sopravvivere solo IdV. Tralasciando quest'ultimo, di cui tutto si può dire tranne che non sia un partito che (a suo modo) fa opposizione, vorrei concentrarmi sul PD o come giustamente Grillo lo definisce: “PDmenoL”. In fondo questa ironica definizione è azzeccata perché la timidezza con cui “finge” di fare opposizione ha davvero dell'incredibile. Il PD in effetti è una mutazione genetica del PDL se non una spalla che lo sostiene; e non sono io a dirlo, da tempo Marco Travaglio afferma che entrambi i partiti si autosostengono approvando leggi di reciproca convenienza. Lo dimostrano mille circostanze, dalle mancate leggi sul conflitto di interessi, che candidamente Violante ha palesato a suo tempo alla Camera, sino all'ultima candidatura in Molise di un ex PDL. Ma al di là di questi vili atti, ciò che si riscontra è un preoccupante scivolamento verso il basso ad imitazione degli squallidi personaggi del PDL. L’arte dell’insulto, figlia della seconda Repubblica ma debitrice delle performace di Berlusconi, Bossi e Calderoli; l’assenza di autorevolezza, il pressappochismo, sono tutti sintomi di una stagione imitativa, quella del berlusconismo di cui il PD è ampiamente affetto.
Ma c’è altro da aggiungere, ossia quell’inconsistente tentativo di unire gli ossimori di cui Veltroni era campione: l’operaio “ma anche” l’imprenditore, i laici “ma anche” i cattolici, gli ex comunisti “ma anche” gli ex democristiani; il tutto condito da affermazioni prive di quell'articolazione e quell'approfondimento necessari all’interno di un partito che vorrebbe andare al governo. La crisi del PD non è solo una crisi di idee e di soluzioni, ma un triste arroccarsi su aspetti desueti e su un reale disinteresse nel cambiamento. Lo dimostrano chiaramente le esperienze di governo con la mancata volontà nell’approvare leggi di rottura col passato e il mantenimento di apparati e sistemi ormai inaccettabili. E dato che l’elettore di sinistra dimostra d’essere esigente, di seguire delle idee e delle forme di approfondimento che nessuno degli esponenti di sinistra palesa chiaramente, avviene il distacco…
Se a sinistra ci si muove tramite mille iniziative individuali e di gruppo, comitati e cittadini attivi, il PD latita facendo finta di aderire. In fondo si dimostra imbarazzato perché il suo elettorato gli chiede di rompere con le proprie convenienze, di schierarsi nettamente contro le illegalità, di considerare gli ultimi, di riportare equilibrio… e invece nulla di tutto ciò avviene. Questo perché esso è il crocevia di interessi superiori da parte dei cosiddetti “imprenditori di sinistra” che con molta nonchalance vengono sbandierati come gente illuminata: come se non avessero tutto l’interesse nel precarizzare il lavoro perpetuando le scatole cinesi delle loro società. Ma il PD è anche quell’apparato di interessi che in Campania faceva affari con la camorra e che non si sarebbe comportato diversamente da Berlusconi di fronte al dictat illegale della BCE. Forse avrebbe privatizzato di più della destra, disorientando qualunque elettore, ma avrebbe mantenuto le missioni all’estero o la guerra in Libia, salvando magari qualche classe o ente di ricerca in più.
Al di fuori di questo conglomerato che mantiene lo status quo socio-economico, devastato dalla destra e dal neoliberismo mondiale, esistono moltissime iniziative serie del tutto inascoltate. Esiste la voglia di attuare gesti sani per salvaguardare l’ambiente, per vincere l’illegalità, per rafforzare la cultura o movimenti che immaginano un’economia diversa. Ma queste espressioni che in fondo renderebbero l’Italia migliore e che darebbero voce a ciò che un po’ tutti gli elettori di sinistra vorrebbero, non avranno mai spazio. Non saranno le primarie (che il PD non farà mai prima delle elezioni) a mutare il volto di questo partito, dovrebbe essere un dirottamento di massa dei voti a farlo estinguere per rifondarlo con basi veramente democratiche.
http://www.linkiesta.it/blogs/appunti-e-disappunti/il-pd-non-fatemi-piangere
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