C’è una città che lega l’Italia alla Spagna seguendo il criterio della similitudine; Barcellona infatti la si può considerare simile a Milano, poiché entrambe si fregiano dell’appellativo di capitale economica e morale del proprio paese. Entrambe sono l’avanguardia di costumi e ed estetiche della nazione, laboratori universali d’idee e nuove mode. Ma Barcellona ha l’indubbio vantaggio dell’audacia, una disinvolta libertà di reinventare se stessa già dal cuore storico del tessuto urbano. Così dalle invenzioni oniriche di Antoni Gaudì, è germogliata la monumentale speranza della Sagrada Familia, la sinuosa bellezza della Pedrera e della Casa Batlló, o il fiabesco inviluppo di pietre e maioliche del Parc Güell: forme che rompono e dialogano con le convenzioni del passato, reinventando uno stile cui la città per anni ha fatto scuola.
Sicché il mutamento di gusti e politica, nell’appiattimento dell’epoca franchista con cui s’è schiacciata ogni pretesa di identità ed innovazione, tarpando sul nascere ogni proposito culturale. Quindi all’alba di una nuova democrazia, Barcellona risorge espandendo il suo ego nella scommessa olimpica; dalla matita di famosi architetti sorgeranno nuovi quartieri, si costruiranno stadi ed edifici che rivalutano la vocazione futuribile della città. Rinasce una nuova identità marinara, un porto che ricuce l’antico e prezioso legame con l’acqua, la vocazione festosa della gioventù catalana che s’incontra al Maremagnum, per ballare e bere sangrilla, aspettando i colori dell’alba seduti su di una bitta. Così tra pub alla moda e passeggiate alla Rambla dove concedere con una monetina il sospirato gesto d’un mimo di strada, Barcellona mostra una vitalità sanguigna d’incontri tra universitari e impudenti viaggiatori, feste improvvisate e grandiosi concerti all’aperto. Ma c’è anche chi pretende una semplice passeggiata tra i negozi, una pausa commossa sotto gli archi gotici della Cattedrale di Sant’Eulalia, o magari la quiete per assaporare un espresso nella circospetta Plaça Reial… Così ci si accorge presto che il tempo pare non aver limiti, essendo in grado di consumare una giornata in mere facezie, o di far perdere le proprie tracce nell’orgia scombinata delle ore piccole: uno spirito duale tra frenesia e siesta, tra quiete e movimento, tra intellettualismo e superficialità.
Ma Barcellona è anche la città dei catalani, la fortezza d’un carattere orgoglioso che non vuol perdonare la secolare dipendenza madrilena. Per questa ragione nelle scuole si studia la lingua catalana, per rinfacciare un’identità che conservi il doppio idioma anche nei luoghi pubblici, oltre che a casa. Così anche nella malattia contagiosa del calcio, i catalani convergono il proprio supporto nazionalista sui due club della città: il Barcelona Futbol Club e il Reial Club Deportiu Espanyol, esultando negli stadi le gioie della propria passione. E forse è a causa di questo mix di distrazioni e sentimenti, a convincere gli italiani a prenotare un biglietto di sola andata, verso una città cui senti di appartenere in breve tempo.
Nessun commento:
Posta un commento