24 ottobre 2013
Per chi come me ha creduto (e vorrebbe continuare a credere) nel Movimento 5 Stelle, sta in realtà sorgendo la certezza di una mancata rivoluzione; la percezione che le belle idee e i principi del M5S dopo tutto non riusciranno a incidere tanto quando ci si aspetterebbe. A ciò emergono ulteriori dubbi legati agli aspetti controversi e a quel fondamento democratico nei fatti abbastanza debole.
Grillo ha sempre rimarcato d’essere un semplice megafono all’interno dell’organizzazione del M5S, oltre che capo politico. Questo dovrebbe significare che il suo ruolo è mero di garante, dovrebbe evitare cioè che l’organizzazione si snaturi. Ma nei fatti non è così perché l’uso “personale” del Movimento è abbastanza palese. Questo non significa che egli sia mosso da losche finalità, tutt’altro, penso che il suo intento sia alto ma gestito male. La dimostrazione più palese di questo personalismo è avvenuta col caso Gambaro: quando è bastata una critica, forse inopportuna (dato che pochi minuti prima vi era stata una riunione del gruppo e lei non aveva espresso il medesimo disappunto) per decretarne l’ostracismo. In quell’episodio, così come nei voltafaccia a Rodotà, Gabanelli e da ultimo alla redazione del Fatto Quotidiano, Grillo ha saputo dare il peggio di sé prestando il fianco alla legittimità di qualsiasi critica. Infatti sotto questo aspetto ci sono i limiti dell’uomo Grillo e forse anche di Casaleggio, perché molto spesso i contenuti dei post del blog partono più che altro dalla pancia e non sembrano avere un percorso di ponderata gestione. Proprio questi episodi se fossero stati gestiti da un soggetto meno impulsivo, avrebbero fatto guadagnare la stima di molta gente e degli stessi interessati tramite semplici distinguo: ma così non è stato.
Poi c’è l’aspetto dell’interpretazione delle regole. Come avvenuto con la questione del reato di immigrazione i parlamentari (secondo Grillo) erano usciti dal seminato del programma e per questo egli ha dichiarato che essi parlavano in maniera personale; tuttavia quando è Grillo che rinnega i principi del Movimento dichiarando d’essere disposto ad andare al voto col porcellum la regola non vale e non c’è bisogno di consultare la base…
Altro aspetto è il linguaggio del leader, mitigato solo dopo l’ultimo colloquio con Napolitano (sicuramente qualcosa il Capo dello Stato l’avrà detta). La violenza verbale non corrisponde del tutto all’idea di cambiamento che la gente vorrebbe avere: funzionava in campagna elettorale, poi basta. In fondo siamo spossati da queste miserie comportamentali cui la politica ci ha abituato e sostenere dei giovani inesperti è parso l’unico modo per cambiare anche tale aspetto. Oltre a Grillo tra gli stessi grillini si manifesta un certo scivolamento verso il basso. Dalla boria insopportabile della Lombardi passando alle “non risposte” di certi portavoce del M5S o al minimizzare le sciocchezze del “capo” (il copione dei parlamentari PDL in difesa di Berlusconi sembra spesso in perfetta assonanza). Anche loro, chi più chi meno, dimostrano di far parte di questo immane declino attraverso un inevitabile populismo e una facile (e per molti versi legittima) critica da calderone. D’accordo, sono tutti giovani, onesti, di buona volontà, restituiscono i soldi, sono idealisti ecc. ma questi aspetti purtroppo sembrano non bastare più; da loro ci si aspetta qualcosa di altro (forse perché gli elettori sono molto più esigenti rispetto a quelli dei partiti tradizionali), loro dovrebbero essere lo specchio di un cambiamento concreto, di un’Italia migliore. Ma in che termini migliore? L’Italia migliore che in campagna elettorale sembravano voler raccontare era quella di un Movimento che vuole riscattare l’orgoglio perduto, che non lascia nessuno indietro, che sia in grado di apportare un cambiamento e rendere la nostra nazione una comunità allegra e solidale. Grillo diceva proprio questo: «La gente mi ospita a casa, mi offre da mangiare, sorride. Questa è l’Italia che i politici dovrebbero volere…» Un messaggio meraviglioso ma nei fatti assai diverso. Quando Grillo dimostra di non accettare le critiche accusando i giornalisti (in maniera troppo indiscriminata) di far parte di una “cricca” dell’informazione contro il Movimento, quando si manda alla gogna chi sbaglia o fa il “pezzo di merda” come definito il tradimento di Venturino all’Assemblea Regionale Siciliana, si vanifica di fatto questa idea di costruzione.
Al M5S manca poi una reale legittimazione del mondo della cultura, a parte l’appoggio di Dario Fo, Becchi e qualche giornalista, il Movimento non ha una grande base culturale. Questa carenza si ripercuote nei Meetup dove l’unica qualità degli attivisti è la specializzazione e un nobile spirito di servizio. Ma nei Meetup (contrariamente a quanto si possa credere) succede esattamente ciò che avviene nei grandi partiti: invidie, sgambetti, litigi ecc. Tutto ciò perché lo spirito che richiama gli attivisti al servizio e’ quello di cambiare le cose senza una reale consapevolezza del proprio ruolo all’interno di una comunità, cioè di un approccio più ponderato e cosa più grave, la carenza di una vera e propria “elevazione morale”.
Questo aspetto che potrà sembrare troppo teorico è invece fondamentale. Il richiamo a quel senso di comunità, la lotta ai personalismi e l’idea di un mondo migliore (aspetti di cui è intriso il M5S), vengono diluiti da tutti i soggetti coinvolti, partendo dalla coppia Grillo-Casaleggio sino all’ultimo degli attivisti. Lo dimostrano le cadute di stile ma anche le scelte antitetiche dei fuoriusciti (chi si trattiene tutta la diaria e chi vota poi per il governo Letta. Come si fa a rinnegare in questo modo un’ideale?). Se i grillini avessero almeno in parte lo spirito idealistico dei “figli dei fiori” o dei sessantottini magari potrebbero dimostrare un forte distinguo rispetto al resto della politica. I Meetup potrebbero essere la fucina di una società migliore, con una funzione aggregante ma sopratutto pedagogica: proprio come avveniva nei centri sociali.
Queste mie considerazioni ovviamente si scontrano con la realtà. I limiti fondativi e per certi versi privatistici del blog di Grillo e del Movimento, la crisi di valori della società italiana e occidentale e una berlusconizzazione dilagante che genera atteggiamenti presuntuosi e privi del più banale rispetto di un punto di vista diverso. Così ciò che i grillini accusano ai partiti sono poi (in parte) le stesse malattie di cui sono ammalati perché anch’essi sono parte della società italiana.
Tali critiche al M5S però non possono nascondere l’effetto positivo sulla società, sarebbe ingeneroso se si liquidasse il fenomeno con termini sprezzanti come fanno gratuitamente quasi tutti i giornalisti. Tutt’altro. La reazione che la società italiana tramite il voto consistente ai 5 Stelle sembra aver dato è senza dubbio una scossa per una nazione immobile come la nostra. Ciò che mi viene da aggiungere in conclusione è che questo fenomeno va tenuto d’occhio perché nei libri di storia e sociologia, un giorno si potrebbe raccontare la genesi di un’Italia del domani che forse trarrà spunto da questa troppo imperfetta ma genuina voglia di cambiamento.
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