Il tratto di costa interessato tra Ognina e Fontane Bianche |
Nel valutare i pro e i contro mi sembra doveroso iniziare col considerare gli effetti di ciò che si è già costruito; nel giro di alcuni anni infatti sono già sorti due villaggi di cui uno, quello della Pillirina, è stato rigettato incompatibilità con il territorio in cui ricadeva, ma soprattutto per il parere contrario della cittadinanza.
Il primo villaggio a cui mi riferisco è Il minareto costruito su un precedente villaggio-camping, intervenendo con un vistoso aumento delle cubature: da poche case se ne sono costruite diverse, mentre la spiaggetta vicina è divenuta parzialmente privata pur essendo all'interno della riserva del Plemmirio. Miracoli della modernità...
Il secondo esempio riguarda l'Arenella Resort. In questo caso l'allora Amministrazione Bufardeci autorizzò (non senza polemiche) l'edificazione di case in un'area di fronte ad un tratto di costa libero. Pur avendo rispettato la distanza dalla costa le associazioni ambientaliste protestarono per la perdita di un'area naturale. Ovviamente non si poteva immaginare che le pretese nel tempo si sarebbero ulteriormente alzate.
A distanza di anni ci si chiede: l'apertura de Il minareto ha portato un vantaggio concreto alla città? Per alcuni versi potremmo dire di si, perché proprio quel villaggio è il riferimento di benestanti che visitano la città, di cui molti russi. Per altri versi quell'espansione di case ha sempre infastidito, dato che l'intera struttura impatta vistosamente sul paesaggio da Ortigia e dalla Pillirina. Tuttavia c'è una struttura ricettiva in più, qualche siracusano vi lavora a 800€ al mese stagionali e quantomeno ha caratteristiche più da albergo che da villaggio vero e proprio.
Riguardo all'Arenella Resort dobbiamo dire che è stato chiuso un terreno privo di grandi specificità da proteggere, senza preesistenze archeologiche e persino senza un grande impatto paesaggistico, dato che non privava neanche della vista mare dalla strada, salvo il fatto di aver ancora una volta cementificato il territorio. Alla fine ha portato un vantaggio alla città? Potrei dire di si, ma in maniera molto relativa, perché pur essendo un'azienda che paga le tasse al Comune e favorisce l'arrivo di turisti gli introiti restano quasi del tutto all'interno della struttura. La tipologia commerciale del villaggio determina un movimento di soldi solo all'interno della struttura: spesso si arriva con pacchetti "tutto incluso" con pranzo e cena, le attività ricreative si svolgono all'interno e il mare è esclusivo. Le escursioni sono suggerite da agenzie che operano all'interno: in pratica arriva molto poco alla collettività locale. Inoltre bisogna ricordare che il lavoro (specie nei villaggi al mare) è stagionale. In sostanza è vero che si ha una struttura ricettiva, ma
Il villaggio che si vuole costruire nasce, a mio avviso, con il medesimo vizio di forma: barattare un vantaggio per la comunità (minimo) a fronte di uno rendimento (massimo) per l'investitore. Rispetto ai due villaggi (dove comunque si erano apportate delle variazioni urbanistiche) la zona ha dei precisi vincoli di edificabilità per ragioni paesaggistiche e storiche.
Per quanto l'area sia comunemente nota solo come una distesa di macchia mediterranea, contiene in sé la torre Ognina, tracce di un bacino di carenaggio di epoca greca o romana sulla costa e altri ritrovamenti. Per questa ragione la Sovrintendenza aveva dato un parere negativo, tuttavia come avrete letto, il parere è stato rilasciato in ritardo, determinando (da un punto di vista strettamente legale) il nullaosta per il silenzio-assenso.
Qui sorgerebbero subito due obiezioni da parte di chi sostiene il villaggio: la prima che ad oggi quei beni culturali non li conosce nessuno e nessuno li sfrutta turisticamente (e questo è vero), la seconda è che comunque la struttura manterrebbe una libera fruizione degli stessi (e questo è da vedere sino a che punto e in che modo). La forte contestazione riguarderebbe soprattutto l'impatto in termini paesaggistici, perché ovviamente al posto di un terreno libero ci sarebbero una serie di costruzioni. Ma non solo, anche la strada da Ognina a Fontane Bianche verrebbe spostata all'interno con conseguente limitazione del panorama: non sarebbe più giusto spostare la provinciale sulla costa arretrando il villaggio? La pubblica utilità, chissà perché, è sempre messa in coda...
A fronte di questi elementi la valutazione individuale dovrebbe tenere conto del concreto vantaggio per la comunità, non a breve termine, ma a lunga scadenza. Da qui la domanda: è opportuno negare ad un imprenditore la possibilità di investire favorendo così gli afflussi turistici in una città che ne è vocata? O al contrario, è opportuno puntare ancora su questo modello impattante di sviluppo turistico?
Per giungere ad una risposta mettiamo a bilancio i pro e i contro e alla fine ne trarremo le opportune conclusioni.
Pro:
- Il villaggio punta ad un turismo di lusso che per dimensioni e caratteristiche darebbe un respiro internazionale alla zona;
- Il turismo di lusso potrebbe destare l'interesse di altri imprenditori disposti ad investire;
- Il Comune avrebbe maggior respiro grazie all'afflusso della tassazione sull'attività ma soprattutto grazie ai mega oneri di urbanizzazione che aiuterebbero le casse comunali nella realizzazione di opere di manutenzione delle strade;
- Seppur stagionale si darebbe lavoro a circa 350-400 persone;
- Le preesistenze culturali verrebbero comunque preservate e mantenute fruibili;
- La zona verrebbe finalmente sfruttata per il bagno estivo, dato che si dovrebbero costruire le vie di accesso e persino un lungomare da Ognina sino all'inizio di Fontane Bianche, secondo quanto finora prospettato dal sindaco;
- Si dimostrerebbe agli investitori che Siracusa non è solo una città che nega, come per la vicenda della Pillirina.
Contro:
- Dei circa 350-400 posti di lavoro previsti non tutti sono riservati ai siracusani, cioè quelli di media e bassa specializzazione: giardinieri, camerieri o manutentori. Mentre le altre figure verrebbero selezionate seguendo inevitabilmente criteri internazionali. Inoltre non stupirebbe se nel corso del tempo il numero degli assunti dovesse decrescere in ragione di criteri di ottimizzazione delle risorse;
- Il fatto che le preesistenze culturali possano essere mantenute fruibili non significa che li si protegga adeguatamente. L'urbanizzazione li decontestualizza, inoltre eventuali ritrovamenti che ricadrebbero all'interno del recinto del resort sarebbero esclusi (salvo permessi speciali): un po' come certe tombe ritrovate all'interno dell'area industriale;
- Non bisogna dimenticare che la costa eventualmente urbanizzata verrebbe comunque sfruttata in parte dai clienti della struttura i quali godrebbero di un tratto esclusivo, e sicuramente non il peggiore. Le vie di accesso da sole risulterebbero insufficienti se non ci sarà lo spazio per i parcheggi, determinando il fenomeno della sosta selvaggia che già conosciamo in tutta la costa: via dei zaffiri e via dei diamanti al Plemmirio vi ricordano nulla?
- Come prospettato la strada di collegamento tra Ognina e Fontane Bianche verrebbe spostata all'interno con conseguente chiusura della vista mare dell'unico tratto di costa che lo consente. Aggiungo che ciò determinerebbe un aggravio del traffico in entrata su Fontane Bianche non ancora valutato;
- La presenza della pista di atterraggio degli elicotteri determinerebbe un certo traffico aereo che mal si concilia con la caratteristica di residenzialità della zona: immaginate cosa significa far atterrare e decollare un elicottero anche più volte al giorno?
- Alcune delle villette potrebbero essere cedute ai privati che potrebbero acquistarle singolarmente. Ma non ci sono già troppe villette che occultano il mare a Fontane Bianche e Ognina? Questa clausola come andrebbe definita se non una speculazione edilizia? Cioè da un terreno inedificabile a una villa di lusso...
- Una città che nega non va identificata con una città che non vuole lo sviluppo, ma anzi, dimostra di avere una certa sensibilità per il bene comune.
Io ho un'opinione piuttosto chiara sull'argomento, opinione che proverò ad esporre cercando di mantenere il mio giudizio il più possibile equilibrato. L'investimento promosso dalla società One&Only sembra in effetti la soluzione a molti problemi come la disoccupazione, la soluzione alle fruizione di quel lembo di costa ad oggi dimenticato, nonché l'improvviso apporto di risorse per la sistemazione delle strade della città.
Se da un lato si ottengono i vantaggi succitati, dall'altro si fa un'operazione di vantaggio a brevissimo termine. In pratica si prende l'uovo oggi al posto della gallina di domani, perché occupando l'ultima porzione di territorio si erode la caratteristica fondamentale della nostra zona: la valenza paesaggistica. Qualcuno obietterà giustamente che il territorio siracusano è già stravolto dall'urbanizzazione delle seconde case. Infatti il litorale come quello di Fontane Bianche o Arenella non potranno mai decollare proprio per questo eccesso di disordine.
Appunto perché si ha già esperienza, sono stati creati i vincoli paesaggistici sul territorio in una regione che è già di suo parecchio generosa quanto a possibilità di speculazione. Così la tentazione di certa politica e delle associazioni produttive di spalancare le porte al "presunto sviluppo", dimostra tutta la nostra immaturità.
Nell'area in questione vige il vincolo paesaggistico al grado massimo, e oggi visto il prestigio dell'investitore, ci si dimentica di questo aspetto; al di là delle valutazioni, se passasse questo principio con la leggerezza con cui si sta portando avanti il dibattito, non dovremmo stupirci se tra qualche anno spuntasse un mega investimento in piena riserva di Vendicari o magari a ridosso del canyon di Cavagrande o di Pantalica. Non prendetela come una provocazione, il mio è un discorso serio. Le aziende forzano le regole laddove la politica e la società civile sono assenti utilizzando sempre i soliti slogan: "agganciamo lo sviluppo", "non lasciamo fuggire gli investitori" e via discorrendo...
Appunto perché si ha già esperienza, sono stati creati i vincoli paesaggistici sul territorio in una regione che è già di suo parecchio generosa quanto a possibilità di speculazione. Così la tentazione di certa politica e delle associazioni produttive di spalancare le porte al "presunto sviluppo", dimostra tutta la nostra immaturità.
Nell'area in questione vige il vincolo paesaggistico al grado massimo, e oggi visto il prestigio dell'investitore, ci si dimentica di questo aspetto; al di là delle valutazioni, se passasse questo principio con la leggerezza con cui si sta portando avanti il dibattito, non dovremmo stupirci se tra qualche anno spuntasse un mega investimento in piena riserva di Vendicari o magari a ridosso del canyon di Cavagrande o di Pantalica. Non prendetela come una provocazione, il mio è un discorso serio. Le aziende forzano le regole laddove la politica e la società civile sono assenti utilizzando sempre i soliti slogan: "agganciamo lo sviluppo", "non lasciamo fuggire gli investitori" e via discorrendo...
Questa vicenda mi ricorda parecchio il vecchio modo di sfruttare il territorio, un po' come per le industrie giunte nel dopoguerra: ma almeno allora i posti di lavoro erano molti e il mutamento del tenore di vita assolutamente evidente, oggi è chiaro che non è così. I cosiddetti vantaggi all'economia locale sono uno specchietto per le allodole, come già detto...
Parliamoci chiaramente, questa operazione sarebbe benedetta se venisse fatta quantomeno demolendo alcune delle preesistenti villette di Fontane Bianche o Ognina, che tra l'altro sono anche orribili e non consumerebbero altro territorio. Ma se questa operazione deve essere fatta in un'area vincolata come quella attuale, non ci sto. Il gioco non vale la candela, il guadagno immediato non coincide con l'idea di sviluppo futuro. Permettere ad una società di cavare l'oro turistico lasciando una "ricompensa per il disturbo" e poi nulla più, non mi sta bene.A fronte di queste mie considerazioni è opportuno che esprima anche ciò che sarebbe opportuno per il turismo nella nostra zona: perché non sono di quelli che prospetta sempre il no. Fermo restando l'esigenza di aumentare le strutture ricettive e la diversità commerciale, dagli alberghi ai B&B sino agli agriturismo, il rilancio turistico passa dalla riqualificazione delle zone improduttive e degradate, anche e soprattutto con l'aiuto dei privati. Non a caso da quando il comune si è impegnato nella valorizzazione di Ortigia l'intero tessuto produttivo è mutato e si sono aperte molte attività. Parimenti dovrebbe accadere nelle zone balneari dove non ci sono servizi, i quali se sbloccati creerebbero occupazione. Mancano collegamenti con la città, zone di ristorazione e persino locali pubblici come pub o discoteche. Manca anche l'indotto turistico che dovrebbe nascere dalla presenza delle riserve come quella del Plemmirio o del Ciane, dove dovrebbero sorgere molte più visite guidate, escursioni e passeggiate in mountain bike. E' la piccola e media impresa la nostra risorsa, è l'iniziativa imprenditoriale atta a far scoprire ciò che abbiamo, a rilanciare la zona. Ci si preoccupa tanto di questo investimento ma non ci si preoccupa minimamente di tutte le inefficienze che incidono negativamente sul turismo (Cavagrande è chiusa da un anno!), mancano i collegamenti e i servizi con tutti i siti turistici. Ma di che stiamo parlando?
Riflettiamoci bene prima di considerare questo investimento come un'occasione per la città e pretendiamo dalla politica e dagli investitori un altro approccio...
"Le barricate in piazza le fai per conto della borghesia che crea falsi miti di progresso..."
Franco Battiato
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