martedì 7 luglio 2015

La maledizione del PIL ovvero l'assurdo principio con cui valutiamo le nostre economie

22 febbraio 2012

Il famoso indice del PIL o Prodotto Interno Lordo è il valore più monitorato e discusso degli ultimi anni. La crisi economica, infatti, avendo rallentato le nostre economie ha inciso proprio sul valore di questo dato. Tuttavia questo indicatore mostra troppe lacune e determina un valore troppo grossolano con cui si misura l’economia dei paesi. Tanto è vero che esclude moltissimi aspetti della vita quotidiana, soprattutto quelli positivi. Se ne era accorto Robert Kennedy sin dal 1968 quando in un celebre discorso affermava:

«Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow Jones né i successi del Paese sulla base del Prodotto Interno Lordo. Il PIL comprende l'inquinamento dell’aria, la pubblicità delle sigarette, le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine del fine settimana… Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione e della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia e la solidità dei valori familiari. Non tiene conto della giustizia dei nostri tribunali, né dell'equità dei rapporti fra noi. Non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio né la nostra saggezza né la nostra conoscenza né la nostra compassione. Misura tutto, eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta.»
Negli ultimi anni questo argomento ha trovato sostenitori a favore di un mutamento dei parametri di calcolo. Si è interessata infatti la Comunità Europea e il governo Sarkozy che ha incaricato tra i migliori economisti per valutarne diversamente questo valore.
Ciò che sconcerta della logica del PIL è che esso cresce, paradossalmente, anche e soprattutto quando le popolazioni soffrono. Dopo un terremoto devastante o dopo un incidente come quello della Concordia, il PIL cresce perché le persone o lo Stato sono costretti a spendere per riparare i danni, e dunque a mettere in moto l'economia. Tuttavia non cresce quando gli individui fanno del volontariato o offrono una spontanea collaborazione, come tagliare il prato del vicino o offrire un riparo al più povero.

Una delle considerazioni più devastanti di questo indice è quella che la crescita del PIL non migliora la felicità dei popoli. Ovvio chiedersi, come misurare la felicità della gente essendo un parametro non oggettivo? Vi sono diversi metodi di misura alternativa, come il Genuine Progress Indicator (Indicatore di progresso reale) la Felicità Nazionale Lorda, l’Indice di Sviluppo Umano o l’Indice di Benessere Economico Sostenibile. Tutti questi parametri convergono in un unico dato riassumibile nel paradosso di Easterlin.

Rapporto tra il PIL e la felicità dei cittadini americani.

Questo paradosso dimostra che l’aumento del PIL, soprattutto negli Stati Uniti dove il paradigma del consumismo è più vistoso, non ha determinato un aumento della felicità nella popolazione anzi una diminuzione. Il dato in effetti è supportato da stime ancor più incontrovertibili che riguardano la salute dei cittadini americani.
Sono aumentati in maniera vistosa i casi di depressione rispetto a un secolo fa, ma si è anche abbassata l’età media dell’insorgenza dei primi sintomi: se in passato si presentavano a trent’anni oggi tra gli adolescenti. A ciò si deve unire un aumento delle ore di lavoro e dei ritmi quotidiani, ciò si traduce in minor tempo libero e in una progressiva carenza relazionale. La carenza relazionale a sua volta induce le persone a lavorare di più anche per superare il senso di vuoto intorno ad essi.

Per fortuna questi dati agghiaccianti in Europa sono diversi, i ritmi lavorativi non sono come quelli americani, c’è più protezione sociale e i rapporti umani sono migliori. Il problema però è l’avanzamento del modello americano e certe politiche neo-liberali che vanno esattamente in questa direzione.
Pertanto una riflessione in merito al paradosso di Easterlin e alla way of life americana, sempre più diffusa e apparentemente incontrovertibile, è necessario farla. La modernità non può portare un aumento delle emergenze sociali, una degradazione della qualità di vita ad ogni cambio di generazione e un aumento degli squilibri sociali. Il modello fin qui proposto è sbagliato, e di questo dobbiamo ormai rendercene conto.

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