sabato 27 settembre 2014

Mino Pecorelli



Notizie si sa, a un certo livello non esistono. Esistono invece “fughe di notizie”. Cioè quelle soffiate, quelle “indiscrezioni” con cui ciascun centro di potere in questa Repubblica pluralistica cerca di condizionare, ammonire, minacciare, altri centri di potere. In questo senso, parlare di “giornalisti-spia” è parlare di acqua fresca. Il giornalista è insieme una spia e il suo contrario. Spia in quanto per accedere a certe informazioni deve stabilire dei contatti con determinati centri di potere, magari tappandosi il naso, ma senza timori virginali sul candore delle proprie mani. Antispia, perché offre subito al suo pubblico ogni indiscrezione della quale entra in possesso. Il giornalista, insomma, può correre il rischio di diventare uno strumento altrui, può non comprendere subito dove andranno a sfociare iniziative determinate alle sue spalle, ma certo mai e poi mai uno che ha il vizio della penna potrà prestarsi alle clandestine omertà del mondo spionistico. 

Le agenzie di stampa sono il grande rubinetto dal quale sgorga il greggio. Insieme ne sono anche il filtro. Da esse i giornali attingono la materia prima detta “notizia”, da fornire al lettore-consumatore sotto forma di informazione, già depurata e raffinata dalle scorie. Comandare il rubinetto, cioè determinare e orientare il flusso del prodotto greggio, quindi ritardare, filtrare o negare le notizie, significa ridurre e censurare, entro limiti più o meno vasti, il diritto dell’informazione… La scelta delle notizie erogate, o l’eliminazione di quelle censurate, è sempre legata a considerazioni di carattere politico e, in senso più esteso, economico. Per questo le agenzie, come i giornali, hanno un colore, sono di destra, di sinistra o di centro, a seconda cioè di chi paga, degli interessi da difendere e di quelli da abbattere.

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