martedì 19 febbraio 2013

Un brivido di vergogna per l’esecuzione di Gheddafi

27 ottobre 2011

Quando giorni fa è giunta improvvisa la notizia della morte di Gheddafi, confermata anche dall'immagine del cadavere insanguinato, un brivido freddo ha attraversato la mia coscienza. Un brivido non perché fossi contrario alla fine di un controverso regime quarantennale, ma per la crudele esecuzione di un uomo. Sicché quando sono apparsi i video della cattura, di quei concitati momenti immortalati da un obiettivo mosso e concluso dal colpo di pistola, ho aggiunto un altro sentimento: quello della vergogna.
Un brivido freddo prima e un senso di vergogna poi, questa la summa delle sensazioni che molti lettori, forse, avranno percepito assieme a me. Di questa triste vicenda che consegnamo con nonchalance alla storia contemporanea, pesa la consapevole degenerazione dei nostri valori e l'imbarbarimento delle nostre coscienze. Per anni abbiamo tollerato le intemperanze di questo scomodo vicino, poi ne abbiamo apprezzato i mutamenti, le aperture, fino a stabilire dei rapporti commerciali e una forte alleanza che provava a seppellire la pagina nera del nostro colonialismo. Abbiamo teso la mano, anzi l'abbiamo baciata (come ha fatto Berlusconi) soprattutto per le convenienze economiche e politiche dei nostri imprenditori. Ma con quella scelta, a torto o a ragione, accettavamo tutto di quel leader. Poi però sono iniziate le proteste e i sommovimenti dei ribelli e rapida è giunta la scusa con cui la NATO e le Nazioni Unite autorizzavano i bombardamenti aerei; ovvia a quel punto la tentennante posizione del nostro paese stretto tra due fuochi: la fedeltà al nuovo alleato libico e quella agli storici alleati della NATO.

Così ciò che mesi prima consideravamo un amico in poco tempo è divenuto un obiettivo da rimuovere, un ostacolo, un dittatore sanguinario di cui far perdere le tracce prima possibile. Il rapido mutamento di fronte della nostra Nazione ma anche dell'Occidente assume i contorni della solita ipocrisia; fino a poco tempo fa strette di mano, foto di gruppo e promesse, poi alla prima opportunità la fredda e determinata rimozione... Ma in questa sporca vicenda non ci sono di mezzo solo gli interessi petroliferi, ci siamo soprattutto noi: disinteressati, ambigui, e cristianamente amorali. Amorali perché accettiamo senza sdegno il sacrificio di un capro espiatoio consegnato alla barbarie della violenza spiccia, sol perché non serve, sol perché non possediamo più la dignità di una volta. In passato l'intellighenzia del nostro paese, ma anche quella europea diceva qualcosa di importante, scriveva, si lamentava, ma oggi nulla. Un silenzio che non si scompone neanche davanti all'irrispettosa uccisione di un uomo il cui corpo è stato mostrato come un trofeo di caccia. Un silenzio squallido, soprattutto da parte di chi sa che quel colpo di pistola non è casuale perché toglie l'impaccio di troppi scheletri nell'armadio dell'Occidente. E poi il silenzio di una Chiesa che si volta dall'altra parte quando sono in gioco squallide opportunità economiche, forse perché colpevole, o forse perché già nel mirino di poteri che vogliono definitivamente accantonarla.

Per questa ragione provo vergogna, la vergogna di far parte di un ingranaggio che direttamente o indirettamente alimenta la gioiosa macchina da guerra che sempre più spesso sorvola le nostre teste cariche di bombe e che esibisce i suoi cadaveri in diretta TV, priva di coscienza o ripensamenti.



giovedì 7 febbraio 2013

Ninfee blu – Claude Monet



28/5/2000
Azzurro, come indefinito mondo che dipinge oltre realtà sensibile. Spariscono ombre d’equorea realtà alle ninfee di mondi colorati.